TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 7 gennaio 2018

Porto Maurizio. La leggenda della finestra che non c'è



Giorgio Amico

Porto Maurizio. La leggenda della finestra che non c'è

Dalle Logge di S. Chiara ci si perde nell'azzurro. Soprattutto al tramonto, abbagliati dal sole che si getta nel mare di Francia. Da sempre porto nel cuore i tramonti della mia infanzia portorina. Non ne ho mai visti di più belli, in nessun luogo dove sono stato.

Sarà il fascino delle ombre disegnate dalla arcate, sarà l'eco del canto dolce delle monache che ancora in certe ore si sente risuonare sotto le volte, o forse solo il fatto che lì ho le mie radici, che solo lì mi sento davvero a casa.



Fai attenzione, se vai a giocare suttu a loggia de munaghe, diceva mia nonna. Potresti vedere la finestra che non c'è.

Una fiaba, forse l'eco di una antica storia d'amore. Lui giovane marinaio, partito per approdi lontani e mai più tornato, perso in quel mare tanto azzurro. Lei, che dal dolore si fa monaca, ma ancora lo attende e ogni tanto appare alla finestra che non c'è. Nelle mani tiene gli arnesi da ricamo, ma gli occhi fissano il mare alla ricerca di quella vela che saprebbe riconoscere fra mille.

Un attimo e la finestra scompare. La piccola suora innamorata ritorna al suo dolore senza tempo. Ma un giorno, è certo, lui tornerà e allora la finestra non scomparirà più e tutti potranno vedere la giovane suora sorridere.

Così terminava il suo racconto mia nonna. Lei, che quella finestra mai aveva vista, a quella storia credeva fermamente. Doveva essere di certo così, perché, diceva, la vita degli uomini è attesa e speranza. Quella fiaba mi piaceva tantissimo, anche se il finale mi intristiva. Mia nonna se ne accorgeva e allora, per farmi ridere, si metteva a cantare buffe filastrocche in dialetto.

Quelle filastrocche le ho dimenticate, ma non la felicità malinconica di quei momenti e il profumo dolcemente salato del vento che veniva dal mare.