Al
palio di Siena, Tornasol, cavallo della contrada Tortuga, ha
rifiutato di correre. E' la prima volta che accade.
Il cavallo bloccato
dal panico. «Anche loro si stressano».
Intervista di Cristina
Nadotti
Un attacco di panico.
Succede anche agli animali, in questo caso ai cavalli. Per Paolo
Baragli, specializzato in etologia equina e docente al dipartimento
di scienze veterinarie dell’Università di Pisa, all’origine del
gran rifiuto di Tornasol c’è la paura.
Cosa è passato nella testa di Tornasol?
«Da quel che ho visto
sembra la conseguenza di un condizionamento da paura. È lo stesso
meccanismo che interessa le persone, un evento traumatico può dare
origine in seguito a crisi di panico e a disordini post traumatici da
stress. Nel momento in cui si avvicinava al canapo il cavallo ha
visto qualcosa che ha percepito come molto pericoloso per la sua
incolumità».
Cosa può essere stato?
«Impossibile ipotizzare
la causa scatenante, bisognerebbe conoscere l’esperienza del
cavallo, cosa gli è successo prima».
I cavalli sono allenati per affrontare quello stress?
«Certo sono addestrati,
il palio ha un protocollo rigido in proposito, ma sarebbe auspicabile
aggiungere una conoscenza maggiore dei meccanismi della mente del
cavallo, perché maggiore attenzione alla psicologia dell’animale
diminuirebbe questi problemi. L’addestramento viaggia sulle stesse
vie della psicologia dell’apprendimento, ma non sempre questa
psicologia è conosciuta a fondo per garantire le condizioni ottimali
dei cavalli. Invece bisogna formare le persone perché si riducano al
minimo comportamenti come quello di Tornasol. Ma non mi riferisco
soltanto al Palio, siamo ancora molto indietro in generale
nell’addestramento dei cavalli».
Come valuta, da questo punto di vista, il comportamento del fantino?
«Ha fatto l’unica cosa
che poteva fare, lui e tutto lo staff. In quella situazione si doveva
soltanto tranquillizzare il cavallo, anche perché la sua reazione
avrebbe potuto essere davvero molto pericolosa sia per l’animale,
sia per le persone che gli stavano intorno. In quei momenti scattano
i meccanismi di sopravvivenza».
Vista la mole e la forza dei cavalli, in genere si sottovaluta la loro natura, sono dei fifoni?
«Più che fifoni, sono
prede, per cui tutta la loro psicologia dell’apprendimento viene
adattata in natura a fuggire dalle situazioni di pericolo. Se ad ogni
angolo potessimo trovare qualcuno che ci mangia credo che anche noi
saremmo un po’ paurosi».
Da veterinario che si occupa del benessere animale, lo guarda il Palio?
«Sì, lo stavo
guardando. È una tradizione che fa parte della nostra società, come
il cavallo. Non sono contrario a questo tipo di manifestazioni, ma mi
piacerebbe che venissero considerati i cavalli a 360 gradi e si
tenesse sempre conto del loro benessere e della loro psicologia».
La repubblica – 4
luglio 2017