TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 25 febbraio 2017

Pino Bertelli, Ferro, Fuoco, Terra! 50 anni di lavoro in Maremma


Una terra, degli uomini, il lavoro, la fatica, la dignità e la speranza. Questa è l'ultima grande mostra di Pino Bertelli , cantore degli ultimi e orgogliosamente refrattario alle lusinghe del mercato. E naturalmente vecchio amico di Vento largo.

Silvia Trovato-Tiziano Arrigoni

Ferro, Fuoco, Terra! 50 anni di lavoro in Maremma

La mostra di Pino Bertelli «Ferro, Fuoco, Terra! 50 anni di lavoro in Maremma» racconta con lo sguardo libertario di questo autore di fama internazionale il lavoro di ieri e di oggi della Maremma toscana. L'iniziativa fa parte del progetto di collaborazione tra Irta Leonardo (Istituto di Ricerca sul Territorio e l'Ambiente) e Magma Follonica, museo che fa dell'attenzione al mondo del lavoro e della memoria storica locale uno dei suoi principali fulcri.

Da sempre sensibile e recettivo alle questioni del lavoro e della società, dell'emarginazione, della diversità e della libertà, Pino Bertelli raccoglie in questa mostra ritratti, ambienti, luoghi di lavoro e di memoria in trenta foto in grande formato seguendo un percorso che unisce gli elementi della terra, del mare, del ferro e del fuoco.
La prima dimensione ambientale è quella dei lavori agricoli e del bosco, l'elemento della terra è catturato nella sua trasformazione che negli anni Settanta è già arrivata a modificare la fisionomia delle campagne. I lavoratori dell'agricoltura in questo periodo sono ormai ridotti a proporzioni marginali, ma in Maremma, territorio agricolo, ci sono persistenze ed elementi di continuità che fanno ancora resistenza. Le nuove generazioni agricole saranno più specializzate, più attente al prodotto, fino all'agricoltura biologica e alla creazione degli agriturismi.

L'altra fondamentale dimensione che racconta le terre di Maremma è quella delle miniere che negli anni Settanta/Ottanta vivono gli ultimi momenti di vita, come la miniera di Campiano/Boccheggiano: si tratta di un mondo che scomparirà totalmente nel giro di pochissimi anni, e di cui le foto di Bertelli conservano una fondamentale traccia.

Parlare di lavoro in Maremma significa anche parlare di grande industria pesante, dal polo chimico di Scarlino, a quello siderurgico di Piombino. Gli anni Ottanta e Novanta porteranno forti trasformazioni motivate da esigenze ambientali, e dal mercato mondiale che porterà a un profondo processo di ristrutturazione. I poli della grande industria diverranno sempre più marginali, trasformandosi da industrie propulsive che assorbivano manodopera ed erano anche un simbolo politico, a roccaforti disseccate e sospese anche nell'immaginario collettivo.

Accanto ai modelli da "seconda rivoluzione industriale" si pone il settore terziario, da quello turistico balneare di massa, al turismo culturale e gastronomico delle colline, ai percorsi di archeologia industriale che cercano di recuperare la memoria e farne un motore di sviluppo futuro.
Infine i nuovi mestieri legati alla quarta rivoluzione industriale, quella informatica, ma soprattutto la precarizzazione progressiva ed incisiva del lavoro, che semina i suoi vuoti, le sue questioni aperte e le sue ferite e poi le migrazioni del mondo che si uniscono a formare i nuovi ritratti di questa Maremma che raccontiamo attraverso il lavoro, attraverso l'identità del passato e quella in costruzione del futuro.



Carlo Arturo Quintavalle
Ordinario di Storia dell'Arte, Università di Parma

Le strade della fotografia

Pino Bertelli è uno dei fotografi più importanti del nostro tempo, è un fotografo di consapevolezze complesse, di qualità molto alta, di passioni anche estreme. Comunque le sue immagini sono di quelle che restano nella storia della fotografia, e non solo in quella del nostro paese.

Se siano davvero realistiche non importa, i realismi sono molti e proprio Bertelli ne ha sperimentati diversi per giungere alla qualità delle sue raffigurazioni, ma ha anche vissuto da vicino, ne sono certo, la fotografia della astrazione, quella delle avanguardie. Che esse siano borghesi non credo, come non credo al filo rosso del realismo staccato da queste ricerche non di segno diverso, credo. Ma tutto questo non importa, anche le avanguardie, quelle dell'astrazione, hanno contribuito a distruggere le immagini pianificate di ogni ufficialità, dai futuristi ai costruttivisti, da Dada al Surrealismo, e parlo di fotografia.

Così forse un giorno potremo meglio ripercorrere le matrici della ricerca di Bertelli proprio dentro l'astrazione, come certo non sarebbe piaciuto a Ždanov e ai suoi poveri evocatori. Ma questa, forse, sarà altra storia.

La fotografia di Bertelli ha dialogato e dialoga ancora oggi con le immagini scattate da alcuni grandi protagonisti della fotografia, e sopratutto con Henri Cartier-Bresson, e con alcuni altri fotografi della Magnum, ma anche con altri attori sulla scena storica della fotografia, quelli legati alla Farm Security Administration. Come pensare dunque che siano nate queste foto che analizzano le persone, non i mestieri delle persone, se non da una partecipazione attenta allo spazio del loro lavoro, dalla comprensione della loro fatica? Come non pensare a quello che suggerivano Stryker e gli altri della FSA, dunque a Dorothea Lange e a Walker Evans, sul modo di porsi di fronte a un evento, sul come analizzarlo, sul come raccontarlo per immagini?

Bertelli ha una sapienza diversa rispetto a tanti fotografi impegnati, sa fermare il tempo e sa condensarlo nelle fotografie.



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