TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 25 agosto 2014

Storia della Massoneria. Liberi Muratori e Logge operative



Storia della Massoneria 2. Oggi scopriamo come funzionava un cantiere medievale e cosa fosse una loggia.

Giorgio Amico

Liberi Muratori e Logge operative

L'autorità reale operava per decreti. Quando si doveva aprire un cantiere, il Tesoro reale impartiva allo sceriffo della contea in cui dovevano svolgersi i lavori dettagliate istruzioni in merito alla raccolta dei fondi, dei materiali e della manodopera. Lo sceriffo era così autorizzato a imporre tasse e a reclutare, anche forzatamente, gli operai necessari.

Di norma i lavori era gestiti da un “Treasury Official”, un funzionario del Tesoro incaricato della gestione finanziaria del cantiere. Questi funzionari non possedevano alcuna particolare competenza tecnica in campo architettonico, ma svolgevano un ruolo essenzialmente amministrativo e di controllo sul buon uso delle somme a disposizione e sul rispetto dei tempi programmati.



La direzione tecnica dei lavori spettava al “King's Master Mason”, un misto di Architetto-Ingegnere-Capo cantiere, anch'egli di nomina regia. I suoi compiti tuttavia avevano anche risvolti amministrativi in quanto egli doveva verificare le competenze tecniche degli operai assunti, pagare i salari (differenziati per mansioni, capacità e carichi di lavoro), concedere i passaggi di qualifica (documentati nei registri dagli aumenti di salario. Un uso rimasto nel lessico della moderna massoneria azzurra che chiama così il passaggio da un grado all'altro).

Sappiamo che questi “Architetti” (il termine è approssimativo, non esistendo oggi un equivalente preciso di tale figura professionale) provenivano dai ranghi muratori. Per gli storici lo ritengono un dato certo. Infatti, il nome di alcuni di questi Maestri risulta censito più volte nei registri dei cantieri, prima accompagnato dalla qualifica di operaio, poi di assistente ai lavori, infine di Maestro. Si trattava dunque di operai particolarmente qualificati che avevano servito per un certo periodo come aiutanti di un Maestro, impratichendosi nella geometria e nel disegno, fino a diventare a loro volta capi cantiere. 

Resta ancora oscuro come venissero scelti, come fossero formati teoricamente e se ci fosse qualche forma di regolamentazione di questi cambiamenti di status professionale. Molto probabilmente ogni caso era un caso a se. Ma, considerato come il sapere in quest'epoca fosse quasi esclusivamente patrimonio degli ecclesiastici, si può ipotizzare un ruolo attivo dei monaci delle abbazie o dei canonici delle cattedrali in tale opera di formazione. E questo, sia detto per inciso, apre interessanti prospettive in merito ai rapporti delle Arti muratorie con gli Ordini monastico-guerrieri, Templari e Ospitalieri di San Giovanni in primis.

Fu nelle logge annesse alle cattedrali e alle abbazie – scrive Knoop nel suo “The Mediaeval Mason” - che si accumularono le esperienze e le tecniche che trasformarono rozzi lavoratori in qualificati costruttori capaci di produrre i più splendidi esempi di abilità artigianale del Medioevo”.

Prima competenza richiesta, oltre la capacità (indubbiamente rara anche allora) di saper gestire efficacemente numeri non disprezzabili di uomini di provenienza, formazione e capacità diverse, era l'abilità nel calcolare con precisione il numero degli operai e la quantità e il tipo di materiali necessari, al fine di evitare sprechi di risorse e/o nei tempi programmati di esecuzione dell'opera. Particolare cura veniva posta allo stato delle vie di comunicazione, alla lontananza dalle cave o dai porti, perché, vista la situazione dell'epoca, i ritardi nei lavori (o gli aumenti di costo in corso d'opera) dipendevano il più delle volte proprio dall'inefficienza dei trasporti.

Non molto diversa era l'organizzazione dei lavori nelle costruzioni gestite direttamente dalla Chiesa. In questo caso l'amministratore era chiamato Custos fabbricae o Custos ecclesiae.

Dai numerosi contratti giunti fino a noi risulta che un Maestro massone veniva ingaggiato annualmente, ma talvolta anche per più anni e in casi eccezionali a vita. Riceveva uno stipendio annuale e spesso un alloggio dove vivere con la propria famiglia. Il suo era un lavoro a tempo pieno , aveva uno o più assistenti che potevano diventare suoi successori. Poteva sovrintendere contemporaneamente a più cantieri (cosa non infrequente a partire dal XIV secolo); in tal caso riceveva una indennità di carica annuale aggiunta ad ogni giornata di lavoro effettivamente prestata nei cantieri. 

Il suo peso professionale variava secondo l'importanza dei lavori e il numero degli uomini impiegati in essi. Egli doveva comunque possedere la capacità di predisporre piani di lavoro. A lui toccava ricercare gli operai, valutarne le capacità e procedere poi all'assunzione. Solo lui possedeva l'autorità di licenziare quei lavoratori che si fossero rivelati inadatti. Un'ordinanza del 1345 relativa al cantiere della cattedrale di York stabilisce con chiarezza che solo al “Master of masons” spetta il potere di assumere, promuovere o licenziare. Nessun altro può interferire nel lavoro degli operai.



L' organizzazione dei cantieri

Considerata la durata, talvolta plurisecolare, dei lavori di costruzione di grandi opere come cattedrali, ponti e castelli il numero dei lavoratori impiegati poteva variare anche di molto a causa di guerre, pestilenze, mancanza di risorse finanziarie o scarsità di manodopera qualificata. I lavori non venivano però mai interrotti, il cantiere restava aperto e gestito stabilmente da un gruppo relativamente ridotto di operai qualificati che poteva essere espanso o contratto a seconda delle necessità. Fu questo, ad esempio, il caso dell'Abbazia di Westminster.

Ma come funzionava un cantiere? La prima cosa da fare, una volta selezionato il sito, era trovare la fonte di approvvigionamento del materiale, in primo luogo delle pietre e poi del legname necessario alla costruzione delle impalcature, dei ponteggi e dei rivestimenti. Considerato il costo elevato dei trasporti, se appena possibile, si aprivano cave nelle vicinanze. In questo caso gli operai impiegati nella costruzione potevano lavorare all'estrazione e al taglio delle pietre, anche se di norma le due attività erano separate. La selezione delle pietre, soprattutto se acquistate altrove, spettava al Master mason che si recava a visitare la cava (o, se vicina, sovrintendeva anche ai lavori di escavazione). 

Una volta scelte, le pietre venivano marcate e trasportate in cantiere dove venivano lavorate secondo le esigenze della costruzione. Si trattava dunque di veri e propri materiali semilavorati, pietre squadrate con estrema perizia secondo misure rigorosamente definite, che venivano poi ulteriormente lavorate o ornate. Poiché il lavoro di estrazione e taglio delle pietre era costoso, si procedeva spesso al recupero di pietre di seconda mano già utilizzate in opere precedenti, talvolta anche in modo non proprio legale, tanto da comportare nei casi più gravi (come a Londra nel 1310 e a York nel 1344 dove erano stati smantellati tratti delle mura cittadine per portarne via le pietre) l'intervento del potere regio.

Il lavoro era concentrato nei mesi più favorevoli, ridotto e spesso sospeso in inverno. Le paghe dunque variavano col passare delle stagioni: più alte in estate, più basse in inverno (da novembre a febbraio). Era vietato lavorare di notte, ma se per cause di forza maggiore accadeva, erano previste indennità. L'orario andava dal sorgere del sole a mezz'ora prima del tramonto con una pausa di un'ora per il pranzo, di mezz'ora per dormire e di un'altra mezz'ora per bere. In tutto, dunque, circa 8 ore e mezzo in inverno e 10 ore e mezzo in estate.

La maggior parte dei muratori era pagata a giornata e in denaro anche se c'erano talvolta benefits in natura (alloggio, cibo, birra). Esistevano poi una specie di straordinari, legati al protrarsi dell'orario per motivi eccezionali, premi di produzione relativi al rispetto o al miglioramento dei tempi di costruzione oltre che alla qualità della produzione e una sorta di cottimi legati alla quantità del lavoro svolto. Aspetti salariali che per Knoop testimoniano della complessità e della modernità di quella organizzazione del lavoro e che ricordano molto il moderno lavoro in fabbrica. Non mancavano neppure le ferie, cioè il diritto per i lavoratori di vedersi pagata la giornata anche in mancanza di prestazione d'opera nel caso di particolari festività religiose o di ricorrenze della corporazione.



La loggia: luogo di lavoro, di studio e di riposo

Gli operai, provenienti in larga parte da località spesso anche molto lontane dal cantiere, venivano alloggiati in appositi edifici, chiamati mansiones, domos o anche hospicium lathomorum. Nelle spese di gestione del cantiere veniva anche conteggiata l'assunzione di personale addetto alla fornitura dei pasti. Il lavoro di preparazione delle pietre veniva svolto in locali chiusi chiamati logge (logia).

La loggia era un luogo di lavoro coperto, costruito solitamente in legno, pensato per proteggere i muratori dalle intemperie. Mediamente una loggia ospitava dai 15 ai 20 lavoratori. In loggia si consumano i pasti durante la giornata e ci si riposava nelle pause previste dai contratti di lavoro; vi venivano conservati gli attrezzi e i progetti. Nei registri della Fabbrica di York è conservata una lista degli oggetti presenti in loggia nell'anno 1399: 60 asce di pietra, 1 maglietto grande, 96 ceselli in acciaio, 24 maglietti, 1 compasso, 2 tavole da tracciare, 1 piccola ascia, 1 sega a mano, 1 badile, 1 carriola, 2 secchi, 1 carretto a 4 ruote e 2 più piccoli. Non ci sono squadre, livelle o fili a piombo che si pensa dunque fossero di proprietà dei singoli.

La loggia era retta da regole che disciplinavano l'operare dei muratori. Assenze ingiustificate o ritardi sul lavoro venivano punite con trattenute sul salario. Nei casi più gravi si procedeva al licenziamento immediato del lavoratore che aveva mancato ai suoi doveri.

Assieme ai muratori operavano numerosi “servants” o “labourers” definiti in latino famuli cementarii. Essi svolgevano i lavori di scavo, trasportavano le pietre, mescolavano la malta, spingevano le carriole lungo le impalcature, in sintesi assistevano i lavoratori nelle pratiche ordinarie e in questo modo apprendevano il mestiere. Un processo di formazione qualche volta spontaneo, qualche volta programmato. Come nel caso di un muratore specializzato di nome John of Evenesham a cui nel 1359 viene garantito per contratto l'impiego nel cantiere per tutta la parte restante della sua vita lavorativa a patto che istruisca i labourers (lavoranti) nell'arte della costruzione e della carpenteria. Già dal XIII secolo si ritrovano riferimenti all'esistenza di apprendisti, ma poco si sa su paghe, orari e caratteristiche dell'apprendistato. Per una regolamentazione di questa materia occorrerà attendere la riforma generale del lavoro di epoca elisabettiana (1558-1603) e in particolare gli Statuti del 1563 che generalizzano per tutte le Arti la durata del periodo di apprendistato a 7 anni.



Freestone Masons e Rough Masons

La prova dell' esistenza di una complessa stratificazione professionale all'interno del mestiere è fornita dall'ampio ventaglio salariale testimoniato dai registri. Così, ad esempio, nella fabbrica di Caernarvon Castle nel nord del Galles, nell'ottobre del 1303 risultavano a ruolino 53 muratori con 17 tipi di salario, ridottisi nell'ottobre del 1316 a 24, ma con ben 12 differenti trattamenti salariali.

Questa grande varietà di qualificazioni professionali è anche evidenziato dai numerosi termini latini, francesi, inglesi, usati per definire i vari livelli di specializzazione. Termini che pongono un problema agli storici in quanto spesso è arduo comprendere bene le differenze fra l'uno e l'altro. A seconda dei casi i muratori vengono definiti cementarii o lathomi, cissores (taylatores, tailleurs), cubitores (couchours o positores), batrari o scapelers, muratorii (wallers), imaginatores (imagours), marmorarii (marbelers), alabasterers.

Ma prima di tutto i muratori medievali inglesi si dividono in due grandi categorie: Freestone masons (sculptores lapidum liberorum, magister lathomus liberarum petrarum, mestre mason de franche pere) e Rough Masons o rowmasons.

I primi sono coloro capaci di lavorare un tipo di pietra (la cosiddetta pietra libera) particolarmente pregiata e versatile, gli altri coloro capaci solo di lavorare grossolanamente la pietra grezza. Gli studi pioneristici di Knoop e Jones hanno dimostrato che quel termine “liberi” associato a muratori non deriva, come fino ad allora si era pensato, da un qualche tipo di franchigia rispetto agli obblighi feudali (tanto è vero che anche i “liberi muratori” erano, se necessario, comandati al lavoro nei cantieri regi), ma dal tipo di pietra lavorata e dunque dalla particolare qualità del lavoro che erano in grado di produrre. Tesi confermata da tutti gli studi apparsi da allora ad oggi.

I liberi muratori erano dunque i membri dell'arte capaci di squadrare perfettamente la pietra, di lavorarla con maglietto e scalpello a produrre quei meravigliosi capitelli e quelle statue che ornano i chiostri delle abbazie e le facciate delle cattedrali, come gli ornamenti che alleggeriscono e slanciano le pareti e le finestre e i rosoni finemente intarsiati in un gioco di ricami di pietra.



I Manoscritti Regius e Cooke

Il dato che più ha sconcertato gli storici è la scarsità di informazioni rispetto all'organizzazione liberomuratoria. Fino al XVI secolo pochissimi sono gli accenni all'esistenza di una specifica Arte (Craft) delle costruzioni. Il primo dato certo risale al 1376 e solo nel 1389 si trova traccia di una “fraternitati de masons Londoni fondatae apud sanctum Thomam de Acres”. Assenza confermata dal fatto che nel 1356 furono le autorità di Londra che dovettero incaricarsi di regolamentare lo svolgimento delle attività muratorie in seguito a contrasti nati all'interno della categoria fra lavoratori cittadini e forestieri e fra operai qualificati e no. 

I documenti più antichi relativi alla Corporazione muratoria sono il Manoscritto Regius (in versi, risalente al 1390) e il Manoscritto Cooke (in prosa, risalente al 1430). Nonostante la datazione posteriore è il Cooke a risultare più antico, in quanto si pensa possa essere una copia di un documento andato perduto più antico di circa un secolo e ciò anche per il carattere relativamente semplice del contenuto rispetto al Regius. Questi due manoscritti rappresentano i primi esempi di “Old Charges”, gli statuti medievali su cui dopo il 1717 furono edificati i Landmarks della moderna Massoneria.

Composto di 794 versi suddivisi in un preambolo storico, 15 articoli, 15 punti e 2 parti conclusive, il Regius (chiamato così perché originariamente di proprietà di Re Giorgio II (1727-1760) non è un vero statuto, ma piuttosto un codice di comportamento valevole per i liberi muratori e redatto in versi proprio per renderne più agevole l'apprendimento a memoria.

Quanto al Cooke (pubblicato nel 1861 a cura di Matthew Cooke) si tratta di un testo in prosa di 960 righe, contiene una parte normativa composta di sette articoli e nove punti preceduta da una narrazione mitica delle origini della Massoneria che servì da canovaccio al pastore Anderson per le sue costituzioni del 1723.

2. continua