TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 22 settembre 2011

Il Risorgimento dei protestanti

Venditore itinerante di materiale biblico per la Claudiana

Il Risorgimento non fu solo processo di liberazione nazionale, ma anche l'avvio di un percorso culturale e politico per un'Italia diversa, più tollerante e civile, purtroppo ancora oggi largamente incompiuto. In questo processo fondamentale fu il ruolo della piccola minoranza evangelica così come della comunità ebraica.

Giuseppe Platone

Il Risorgimento dei protestanti


Perchè il mondo evangelico italiano è così interessato alle tematiche risorgimentali? Semplice: rappresenta la cifra della sua apparizione sulla scena pubblica italiana. Estirpato per secoli dal rullo compressore della Controriforma nell'800 emerge con grande vitalità.

Le radici del protestantesimo vanno molto più in profondità, partono dal messaggio della Riforma protestante del XVI secolo. Ma il Risorgimento ha, per così dire, creato le condizioni che un nuovo vento di libertà e di rinascita spirituale percorresse il Paese, nel suo tumultuoso e cruento processo d'unificazione.

Sino al 1848 la chiesa valdese era l'unica realtà riformata italiana. Ben rinchiusa e sigillata nel ghetto alpino dei Savoia. Si tenevano prima di allora culti riformati presso ambasciate straniere, c'erano individui isolati, imprenditori o nobili illuminati come il conte Piero Guicciardini di Firenze che (1836) entrato in contatto con le idee riformate d'oltralpe le fece proprie ma dovette andare in esilio.

Con l'apertura del ghetto valdese, grazie allo Statuto albertino, voluto da Cavour, Gioberti, D'Azeglio e altri, nel 1848 il protestantesimo fa pubblicamente capolino nel nostro Paese. E così i valdesi, che sino ad allora parlavano in francese, grazie al Risorgimento, si italianizzarono. Quei quindicimila montanari con i loro tredici pastori guardarono all'Italia, che stava loro di fronte, con uno sguardo nuovo. Quello di una nuova cittadinanza. Una febbre evangelistica percorse la penisola. Poi giunsero altre missioni da paesi di tradizione protestante: Metodisti, Battisti. Per non dire della stessa chiesa dei Fratelli (di origine inglese) o la Chiesa libera animata dal focoso predicatore Alessandro Gavazzi, cappellano tra le truppe garibaldine.

Un mix di spinte diverse, nazionali ed internazionali, tenute insieme da una coraggiosa passione per il Libro, l'idea era quella di approdare ad una riforma religiosa e spirituale del Paese quindi politica.

Il Risorgimento ha reso visibile, con l'apertura dei ghetti e lo scorrere di nuove correnti evangeliche, una prima forma di pluralismo religioso. La religione di stato rimaneva quella cattolica romana; gli altri culti erano tollerati. Al tempo le minoranze storiche in Italia erano due: quella ebraica e quella valdese. La specificità ebraica è stata ed è una ricchezza per il tutto il paese. Giova ricordare il rabbino Lelio Cantoni che fu tra gli autori, con discrezione e acutezza, dello Statuto albertino del 1848 che aprì i ghetti.

Indietro non si poteva più tornare. Il pluralismo religioso (anche se solo tollerato) era ormai destinato a crescere. E in un secolo e mezzo (particolarmente in questi anni recenti) ha fatto notevoli balzi in avanti al punto che oggi presenta il conto. Basti solo pensare alle difficoltà che si riscontrano in molte città italiane nel costruire un luogo di preghiera per i musulmani. Considerato un problema di ordine pubblico.

Libertà religiosa: rimane uno degli aspetti incompiuti che il Risorgimento ci consegna. E poi la cultura.

Il tempio e la scuola, il binomio ottocentesco protestante. Non c’è l'uno senza l'altro. L'idea che ciascuno possa leggere direttamente la Bibbia e farsi una propria opinione, al di là di tutele magisteriali, è un fatto culturale che si lega alla fede. Una fede che non delega ad altri la conoscenza ma intende, in prima persona, capire e interrogarsi.

Sintomatico il fatto che nell'800 italico anafalbeta al 90 per cento nel piccolo mondo delle Valli Valdesi non si sapeva cosa fosse l'analfabetismo. Il "nocciolo" dell'epopea evangelica risorgimentale risiede in un incondizionato amore per la Parola biblica che invita al cambiamento. Il gusto, insomma, di lottare con un testo a colpi di domande e libere considerazioni costituisce un fatto culturale di grandissima importanza. Esprime, cioè, la libertà di coscienza da cui discendono tutte le altre libertà.

Quel po' di spazio che il protestantesimo si è guadagnato in Italia, in un secolo e mezzo di storia, ha dietro sè immensi sacrifici, certo anche errori e delusioni. Percorrendo la documentazione storica di quegli anni lontani - inquadra magistralmente tutta la questione, lo storico Giorgio Spini in "Risorgimento e protestanti"(Claudiana editrice) - restiamo sorpresi di come questi "colportori", evangelizzatori, pastori e le loro mogli, insegnanti siano riusciti a resistere e contrastare il despotismo e l'assolutismo.

Fu una lotta per liberarsi dalla tirannide del papa, dell'Austria, dei Borboni… ogni volta che il pensiero unico vuole centrifugare le coscienze il protestante insorge. È il suo faticoso destino quando sarebbe così agevole godere dei benefici della doppia morale così fruibile e diffusa. Non costa nulla, è un prodotto locale, e produce opportunismo in abbondanza. Uno dei prodotti ideologico-religiosi più diffusi nel nostro Paese che non ha realmente conosciuto la rivoluzione protestante.

(Da: www.evangelici.net)