TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 22 dicembre 2010

Ricordo di Beppe Fenoglio




Giorgio Amico

Beppe Fenoglio, scrittore e partigiano


Per avere una idea precisa dell'universo narrativo fenogliano basta leggere il racconto La sposa bambina che narra del matrimonio combinato della tredicenne Catinina, del suo viaggio di nozze a Savona e del suo triste destino di donna derubata della infanzia e della giovinezza. In questo intensissimo racconto, straordinaria per forza espressiva e essenzialità del linguaggio, sono presenti tutti i temi di Fenoglio: la durezza del mondo di Langa, la donna come vittima, il mare come metafora di un'altra vita possibile, ma comunque irragiungibile, perchè al proprio destino non si sfugge (Il tema che ritroveremo ne La Malora).

A differenza di Pavese che passa la sua vita a Torino e scrive di una Langa liricamente trasfigurata, Beppe Fenoglio è autentico langarolo per nascita e radici.

Beppe Fenoglio (1922-1963) nasce infatti ad Alba (che delle Langhe è da sempre la vera capitale) da Amilcare, macellaio e socialista, e Margherita Faccenda, donna di carattere forte e volitivo. L'anno dopo nasce il fratello Walter e Beppe viene mandato dai nonni paterni a Monchiero. L'esperienza precoce dell'abbandono segna indelebilmente la vita di Beppe e in qualche modo spiega il suo carattere difficile, testardo, chiuso, le sue difficoltà nel parlare, così come il rapporto, intensissimo ma conflittuale, con la madre.

Dal 1933 (l'anno in cui nasce la sorella Marisa) Walter e Beppe fenoglio passano le estati sulle Langhe a San Benedetto Belbo a casa di una cugina del padre, Magna (zia) Pinota. Beppe scopre un mondo diverso, accumula un'immensa quantità di storie, di emozioni, di ricordi che diventeranno poi la base della sua opera narrativa. Nonostante la persistente difficoltà ad esprimersi, il giovane Fenoglio è un ottimo studente che si rivela particolarmente dotato per lo studio delle lingue. La sua insegnante di inglese al liceo lo ricorda così:

C'erano ventotto alunni in quella seconda ginnasiale, e tutti erano impazienti d'iniziare lo studio della Lingua Inglese, materia nuova per essi, e quindi piena di fascino e di mistero. Ma particolarmente affascinato pareva quel ragazzo alto, sottile, modestamente vestito, che pure rivelava una interiore fierezza. Attento ed immobile durante tutta la lezione, assimilava non ogni mia parola soltanto, ma pure l'entusiasmo con cui le pronunziavo. Il suo interesse per la nuova lingua s'accrebbe ancor più allorchè iniziammo lo studio della letteratura. Egli amava soprattutto la poesia, e molti passi mandava a memoria, oltre a quelli da me assegnati come esercitazione domestica.

Un amore per la letteratura inglese che diventa desiderio di fuga dalla piattezza provinciale di Alba, dal grigiore del regime fascista. Una sorta di anglomania che, come Beppe farà dire al suo alter ego Johnny, è prima di tutto “desiderio, esigenza di un'italia diversa e migliore”.

Al liceo ebbe la fortuna di incontrare personaggi significativi come Leonardo Cocito, insegnante di lingua italiana e che sarebbe stato poi impiccato dai tedeschi , Pietro Chiodi, docente di storia e filosofia, grande studioso di Kierkegaard e di Heidegger, in seguito deportato in un campo di concentramento tedesco, don Natale Bussi destinato a diventare un teologo importante. Una frequentazione che rafforzò la sua personalità già profondamente connotata in senso etico.

Nel 1940 si iscrisse alla facoltà di Lettere dell'Università di Torino, che frequentò fino al 1943, quando fu richiamato alle armi e indirizzato prima a Ceva e poi a Pietralata (Roma), al corso di addestramento per allievi ufficiali. In questo periodo ha una intensa relazione d'amicizia con Benedetta Ferrero (Mimma). Lui l'incontra sul treno mentre va a Torino, lei è di quattro anni più giovane di lui ed è bellissima. Beppe se ne innamora follemente. Di questo amore non ricambiato resterà traccia nella dedica (in inglese) di Primavera di bellezza.

L'8 settembre sorprende Fenoglio a Roma. Come migliaia di altri giovani egli ritorna avventurosamente a casa, sfuggendo ai tedeschi che hanno ormai occupato l'Italia centro-settentrionale. Un'odissea che egli ricostruisce nelle pagine finali di Primavera di bellezza in cui offre una vivissima e desolante immagine di una Savona grigia e impaurita, presidiata dalla soldataglia germanica.

Dopo qualche mese di incertezza, descritta nelle prime pagine del partigiano Johnny, Beppe raggiunge nonostante la contrarietà della madre i partigiani monarchici del Maggiore Mauri. Grazie alla perfetta conoscenza dell'inglese svolgerà delicati incarichi di collegamento con le missioni militari alleate paracadutate in Piemonte.

Alla fine della guerra, Fenoglio riprende breve tempo gli studi universitari, ha una intensa storia d'amore con Margherita (Beba) Martinazzi, figlia di industriali. La famiglia di lei la costringe a troncare la relazione. Dopo poco Beba morirà tragicamente in un incidente stradale. Fenoglio non la dimenticherà mai e la farà rivivere nel personaggio di Fulvia in Una questione privata.



Il 1946 è un anno difficile per Beppe che non riesce a tornare alla vita di prima della guerra. Deciso a dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, egli non fà nulla per trovarsi un lavoro scatenando così un aspro conflitto con la madre. Di queste tensioni resta il ricordo nel libro autobiografico della sorella Marisa che ricorda i violenti e ripetuti scontri fra il fratello e la madre. Lo scrittore li rievocherà con grande forza espressiva nelle folgoranti pagine d'apertura di La paga del sabato.

Nel 1947 accetta di lavorare in un'azienda vinicola di Alba come direttore dell'ufficio commerciale. Nel frattempo scrive una serie di racconti partigiani, che verranno ritrovati e pubblicati nel 94. Entra in contatto con l'editore Bompiani che gli pubblica un racconto nella rivista letteraria Pesci rossi, poi inizia la collaborazione con l'Einaudi tramite Italo Calvino che è quasi suo coetaneo ed è stato partigiano come lui. Nel 1950 conosce a Torino Elio Vittorini, che sta preparando per Einaudi la nuova collana "Gettoni", ideata appositamente per accogliere testi di nuovi scrittori. In questa collana uscirà nel 1952 una raccolta di dodici racconti con il titolo I ventitre giorni della città di Alba. Il libro suscita dure polemiche sopratutto da parte comunista. Fenoglio è accusato di denigrare la lotta partigiana, di presentarla in modo ridicolo e offensivo. Viene tirato in ballo il suo passato di partigiano monerchico, quasi che la Resistenza fosse affare di partito. Beppe ne esce profondamente amareggiato.

L'anno seguente Fenoglio completò il romanzo breve La malora, in cui intende raccontare le Langhe, ma non alla maniera di Pavese (Fenoglio si irriterà sempre quando verrà accostato a Pavese) che egli sente falsa, in quanto visione mitica di un mondo che gli è sostanzialmente estraneo.

La malora esce ad agosto 1954 in 2000 copie con una prefazione critica di Vittorini in cui si critica il verismo dell'opera considerato troppo volutamente provinciale, al limite del manierismo dialettale. E' una critica ingiusta e miope. Dalle lettere rimaste si coglie la profonda delusione di Beppe che scrivendo a Calvino rivendica con orgoglio misto a rabbia il suo impegno di scrittore vero, non certo ingenuamente naif come certa critica lo dipinge:

Scrivo per un’infinità di motivi. Per vocazione, anche per continuare un rapporto che un avvenimento e le convenzioni della vita hanno reso altrimenti impossibile, anche per giustifi care i miei sedici anni di studi non coronati da laurea, anche per spirito agonistico, anche per restituirmi sensazioni passate; per un’infinità di ragioni, insomma. Non certo per divertimento. Ci faccio una fatica nera. La più facile delle mie pagine esce spensierata da una decina di penosi rifacimenti.

Ma ancora una volta lo scrittore reagisce gettandosi a capofitto in una intenso lavoro di scrittura con l'intento di scrivere un grosso romanzo sulla guerra partigiana sulle Langhe. Si tratta de Il partigiano Johnny, il grande romanzo autobiografico che non riuscirà a portare a termine e che uscirà incompleto nel 1968.

Ma i rapporti con la Einaudi e soprattutto con Vittorini si sono fatti tesi. Fenoglio stringe nuovi e più soddisfacenti rapporti con l'editore Garzanti che nell'aprile del 1959 pubblicò nella collana "Romanzi Moderni", Primavera di bellezza, rielaborazione parziale di alcune parti della saga del partigiano Johnny.

Nel 1960 si sposò civilmente con Luciana Bombardi, che conosceva già dall'immediato dopoguerra . Il matrimonio in Comune suscita scandalo ad Alba. Un anno dopo nasce la figlia Margherita. Nel 1962, mentre si trova in Versilia per ritirare il premio "Alpi Apuane" conferitogli per il racconto Ma il mio amore è Paco, viene colpito da un attacco di emottisi. Rientrato precipitosamente a Bra, a una visita medica gli viene diagnosticata una forma di tubercolosi con complicazioni respiratorie. Si trasferisce per un breve periodo (settembre e ottobre) a Bossolasco, a 800 metri d'altitudine, dove trascorre il tempo leggendo, scrivendo e ricevendo la visita degli amici. Ma presto per un aggravamento della malattia deve essere ricoverato in ospedale, prima a Bra e poi alle Molinette di Torino, dove muore la notte del 18 febbraio 1963.


Coerentemente con le sue scelte di vita venne sepolto nel cimitero di Alba con rito civile, senza alcuna cerimonia, solo poche parole dette sulla tomba dal sacerdote don Natale Bussi, amico carissimo e suo vecchio professore di liceo. D'altronde anni prima Fenoglio aveva dichiarato:

"A me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano»

Negli anni successivi appariranno uno dopo l'altro racconti e romanzi trovati in bozze fra le sue carte: Un giorno di fuoco, Una questione privata, Il partigiano Johnny, La paga del sabato, Un Fenoglio alla prima guerra mondiale. Finalmente viene riconosciuta la grandezza dello scrittore di Alba, si chiarisce il suo progetto di scrivere una grande saga familiare che dalla prima guerra mondiale doveva arrivare fino agli anni del miracolo economico, una sorta di Guerra e pace italiana incentrata nelle Langhe, ma dal respiro universale.

Scriverà Eugenio Montale: "Fenoglio è uno di quegli scrittori che lasciano parlare i fatti, che curano molto la regia e il montaggio della narrazione (...)Tendono, insomma, a trasformare la cronaca in poesia."

Dal canto suo Italo Calvino farà simbolicamente ammenda delle critiche rivolte da sinistra allo scrittore riconoscendo in Beppe Fenoglio il vero, grande, cantore della lotta di liberazione:

"E fu il più solitario di tutti che riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l'aspettava, Beppe Fenoglio, e arrivò a scriverlo e nemmeno a finirlo e morì prima di vederlo pubblicato, nel pieno dei quarant'anni. Il libro che la nostra generazione voleva fare, adesso c'è, e il nostro lavoro ha un coronamento e un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita..."

(Trascrizione di una lettura tenuta all'Unisabazia nell'anno accademico 2007/2008)