TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 27 agosto 2010

New Babylon, la città nomade


New Babylon


Le recenti misure anti-rom del governo francese ci hanno riportato alla mente la battaglia di Giuseppe "Pinot" Gallizio in favore degli zingari di Alba. Un episodio che va ben oltre la mera dimensione "artistica" e che mantiene ancora oggi intera la sua portata culturale e politica.

Giorgio Amico

New Babylon, la città nomade



Tutto inizia nel 1956, quando il Comune di Alba vieta la sosta alle carovane di zingari che tradizionalmente si fermano in città durante lo spostamento verso il sud della Francia. Pinot Gallizio, dopo aver difeso i nomadi in consiglio comunale di cui è membro, affigge nelle vie di Alba un manifesto dal titolo L’uomo è sempre l’uomo e annuncia l’inizio della “grande battaglia per la sosta degli zingari”. Il manifesto mostra le foto di Gallizio con i nomadi, ora al mercato ora in riva al Tanaro. Con un’inedita ed efficace performance di comunicazione estetica e politica, Gallizio entra in campo con il ruolo di artista pubblico che vuole che l'arte diventi un modo liberato e umano di vivere la vita quotidiana.
Poi, con un atto che scatena vivaci polemiche in città, decide di donare agli zingari un terreno di sua proprietà, in modo che non siano più costretti a sostare sul suolo pubblico e chiama ad Alba Constant Nieuwenhuys, un architetto olandese, già membro del gruppo CoBrA e amico di Asger Jorn, perchè progetti una “città degli zingari”.



Pinot dichiara quel pezzo di terra “Zona-laboratorio”, anzi “Zona libera dell'Antimondo” e chiede a Constant di progettare strutture abitative flessibili, disegnate secondo criteri ludici e antifunzionalisti (sono gli anni della polemica contro Le Corbusier), che possano essere smontate e rimontate altrove. Una città nomade, insomma.
Constant, amava gli zingari, che spesso sostavano in un terreno abbandonato nelle vicinanze del suo studio di Amsterdam, da loro aveva imparato a suonare “a loro modo” la chitarra. Ne ammirava la libertà e il nomadismo. Nel dicembre 1956 è ad Alba. Di quel soggiorno scrive:

“Gli zingari che si fermavano per qualche tempo nella piccola città piemontese di Alba avevano preso da molti anni l’abitudine di costruire il loro accampamento sotto la tettoia che ospitava una volta alla settimana il mercato del bestiame. Qui accendevano i loro fuochi, attaccavano le loro tende ai pilastri per proteggersi e per isolarsi, improvvisavano ripari con casse e tavole abbandonate dai commercianti. La necessità di ripulire la piazza del mercato dopo tutti i passaggi dei Gitani aveva portato il Comune a vietarne l’accesso. Si erano visti assegnare in compenso un pezzo di terreno erboso su una riva del Tanaro, il piccolo fiume che attraversa la città: un anfratto dei più miserabili. È là che sono andato a trovarli, in compagnia del pittore Pinot Gallizio, il proprietario di questo terreno scabro, fangoso, desolato che gli era stato affidato. Di quello spazio tra le roulotte, che avevano chiuso con tavole e bidoni di benzina, avevano fatto un recinto, una “città dei gitani”. Quel giorno ho concepito il progetto di un accampamento permanente per i gitani di Alba e questo progetto è all’origine della serie di maquettes di New Babylon. Di una New Babylon dove si costruisce sotto una tettoia, con l’aiuto di elementi mobili, una dimora comune; un’abitazione temporanea, rimodellata costantemente; un campo nomade alla scala planetaria”.



New Babylon non uscirà mai dallo stadio progettuale, ma i nomadi di Alba avranno finalmente un loro spazio che resisterà fino ai giorni nostri, dove poter vivere liberi secondo i loro costumi. Pinot Gallizio ne sarà orgoglioso, forse ancora più della sua riuscita artistica, e da allora si definirà “re degli zingari” e indosserà con fierezza i loro tradizionali orecchini a pendente come segno di identificazione con la loro cultura di cui, semplice farmacista di provincia, aveva saputo cogliere la grande dignità.