TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 11 luglio 2010

Orizzonti tra l'onda e il cielo



Un reading di poesia a Quiliano. Una serata senza parole sprecate.

Armida Lavagna

Orizzonti tra l’onda e il cielo.

“Prestami il titolo”: reading di Adriana Romano e Mirco Vannucchi.


Una serata di poesia, in cornice insolita, nel chiuso di una stanza dimessa, lasciata fuori l’afa di questo luglio. Una voce per due, quella vibrante e calda di Gianetto. Che si declina diversamente per l’uomo e per la donna, i loro versi letti a turno, due brevi manciate, abbastanza da cogliere distanze e assonanze.
Connessioni casuali divenute dialogo tra immagini che si propongono simili e diverse – l’aggrapparsi, il ceppo e la legnaia, le delusioni e i sogni – e arrivano agli spettatori attenti più ricche in significato, come se il loro alternarsi consentisse di seguirle più facilmente in profondità – a caccia di “qualche perla sbiadita”.
Il diverso timbro dei due poeti tuttavia mai si confonde, anche laddove più si avvicina; e si avvicina, muovendo lungo un comune orizzonte, che si viene a trovare tra le onde e il cielo: lui scrive “Sotto un cielo ostile”, che gli grava addosso tanto che la rabbia è compressa a fatica e mutata a volte in rinuncia o in distacco; lei si solleva “Sull’incerta linea dell’onda”, prende i termini più abusati e piani, li pone in controluce e li dispone l’uno accanto all’altro in un’alchimia naturale e intrisa di malinconia.


Di entrambi la poesia ci porta la sofferenza inevitabile della ricerca di senso, della vita e delle vite.
Quella femminile più intima, a basso volume, ma di lucidità spietata nel portare in superficie stati d’animo e sentimenti che trovano consolazione nella natura e nei suoi simboli, negli oggetti concreti cui ricondurre l’impalpabile tormento – o in cui rinchiudere l’amore, come in una busta affrancata...-, nelle presenze familiari del vento, della luna, nell’abbraccio accogliente della notte.
Quella maschile errabonda, itinerante tra luoghi e personaggi, intravisti, perduti, ricordati. Tra boschi silenziosi e porti e navi, tra lotte e rinunce, tra “amori di cortili e di piazze”.
La donna si interroga, si descrive, al presente, l’uomo si cerca e si trova nei ricordi. Entrambi ogni tanto si fermano, inquieti, prima di riprendere il cammino e svelarsi ancora un poco a se stessi.
A chi c’era, il dono di una sera senza parole sprecate. L’occasione di due piccoli libri. Che a leggerli, si scopre che Adriana per vedere meglio il cielo deve chiudere gli occhi, e che Mirco delle onde conosce la musica, il fragore.



Armida Lavagna, savonese, insegna Lettere in una Scuola Secondaria. Si occupa per Vento largo di letteratura e di cinema.