TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 4 giugno 2010

Guido Seborga - Edoardo Sanguineti: storia di un'amicizia



Chi segue Vento largo sa che uno dei temi centrali del nostro piccolo blog consiste nella riproposizione a cent'anni dalla nascita e venti dalla morte della figura e dell'opera di Guido Seborga che consideriamo uno dei pochi autori di respiro europeo della letteratura italiana del secondo Novecento. Riprendiamo oggi da “La Riviera Ligure”, la bella rivista quadrimestrale della Fondazione Novaro, la prima parte di una lunga intervista a Edoardo Sanguineti, recentemente scomparso. Un omaggio, dunque, a due grandi figure della cultura italiana, a due delle voci più significative di quella Liguria, così intrecciata per mille fili al Piemonte e a Torino, che amiamo e che ormai appartiene al passato. Cogliamo anche l'occasione per fare gli auguri a Laura Hess Seborga che domani compie gli anni: auguri, Laura!


Edoardo Sanguineti

Non voleva essere definito neorealista, eppure...

Intervista a cura di Stefano Verdino * - Prima parte


Come ha conosciuto Seborga?

Ho conosciuto Seborga quando ero molto giovane, non saprei più ricostruire esattamente l'anno, però eravamo nell'immediato dopoguerra. Ricordo che intervenne in un dibattito al Teatro Carignano di Torino. Non ricordo quale fosse il tema, ricordo però che rivolgendomi a qualcuno che mi era vicino chiesi chi era, perché non avevo capito il nome o forse non l'aveva nemmeno detto – quindi doveva essere uno che interveniva dal pubblico – e mi spiegò che si chiamava Guido Seborga. Così lo conobbi.
L'intervento verteva su Picasso. Qualcuno aveva posto la questione se Picasso era da considerarsi un distruttore o un costruttore. Se valeva, insomma, più come negatore di ciò che era stato oppure come colui che apriva nuove vie. Ricordo che Seborga disse: “E' una domanda priva di senso questa, chi distrugge evidentemente lo fa in vista di aprire nuove strade, chi apre nuove strade evidentemente distrugge ciò che è”. Insomma una risposta piena di buon senso che mi parve significativa.
Quando lo conobbi personalmente non saprei dirlo. Ricordo che la prima notizia ch'ebbi di lui era che aveva collaborato a “Prospettive” di Malaparte, introdotto da Pound perché qualcuno che possedeva quei numeri me li fece vedere. Lo conobbi poi personalmente: l'ambiente a Torino era, come accade sempre, un ambiente dove uno, conosciute una o due persone, le altre venivano aggregandosi.

Fuori però del giro einaudiano?

Quello era un giro molto chiuso, totalmente chiuso, si faceva quasi un punto d'onore di questa riservatezza. Molti che non vivevano a Torino arrivavano per le famose riunioni di redazione... eccetera, quindi tanta gente che andava e veniva.
Torino in quegli anni era una città abbastanza paradossale perché il “dominio”, tra virgolette, era distribuito la la Fiat – un ambiente chiusissimo, evidentemente che gestiva la città se non la nazione, poco ci mancava – e, altrettanto inaccessibile, quello culturale della casa più in vista. Erano gli anni in cui usciva “Il Politecnico”. Tutto era di nuovo in gioco, ma loro vivevano appartati.
Anche Pavese, lo si vedeva magari in osteria, dove andava con degli amici, ma non era certo un tipo che comunicasse facilmente. Altra gente con cui divenni amico, come Calvino, la conobbi molto tempo dopo. Anche lui faceva una vita poco socievole.
C'era però tutta una catena dominata, almeno per quello che ricordo come mia esperienza, dall'ambiente dei pittori, lo ho sempre detto che, ai miei occhi, Torino apparve – e in parte lo era – una città di pittori. C'erano i grandi vecchi capi, Menzio e soprattutto Casorati, quindi due tradizioni pittoriche che convivevano nell'ambito dell'Accademia d'Arte. C'era poi tutta una rete di pittori molto varia: da Carol Rama ad Albino Galvano, che era stato mio professore di filosofia nell'ultimo anno di liceo... da Spazzapan a Chicco, pittori diversissimi fra di loro. Poi i più giovani, che cominciavano ad emergere: ricordo le prime mostre di Morini. Hess era amico di questi, ma più vicino ancora a una catena di letterati. Galvano...

Ecco, mi parlava di Galvano

Galvano era allora molto vicino ai socialisti, credo fosse iscritto al partito...

Infatti, collaborava all' “Avanti!”.

Si, alla pagina culturale dell' “Avanti!” che era diretta da Piero Bargis, marito di Lucia Sollazzo. Intorno a Bargis – era una specie di catena, non importa dove cominciava – Seborga, la Sollazzo, Oscar Navarro, che pubblicò il primo saggio, in Italia, su Kafka...

Oscar Navarro e Guido Seborga

E anche Ciaffi...

Si, certo, Ciaffi. Era molto appassionato di teatro, mise su il “Teatro dei Cento” che aveva sede a Palazzo Carignano, dove c'era l'Unione Culturale, un'associazione molto importante in quegli anni, diretta da Antonicelli. Questo “Teatro dei Cento” mise in scena il Woyzeck di Bűchner, credo per la prima volta in Italia, interpretato da Raf Vallone, un ex calciatore che dirigeva la pagina culturale torinese de “L'Unità”. Passato all'attività di attore, sarebbe poi diventato celebre grazie al cinematografo...

Raf Vallone?

Si, proprio Raf Vallone. C'era quindi una situazione estremamente curiosa, con vite molto bizzarre. Questi sono i primi nomi che mi vengono in mente, ma ce n'erano tanti altri... Gli studi dei pittori, le vernici d'arte, le gallerie erano punti di riferimento... molti erano gli appassionati e ci si vedeva ai concerti, agli spettacoli teatrali, ai cineclub, eccetera. C'era, come capita, tutto un ambiente culturale...

Raf Vallone

Seborga aveva avuto un grosso rapporto con i francesi...

Lui era stato a Parigi, cosa che allora era molto invidiata e considerata. Torino ha sempre gravitato verso Parigi – era chiamata “la piccola Parigi” - anche per ragioni linguistiche; in fondo il piemontese è un sottofrancese localizzato, uno dei tanti subdialetti alpini. Allora poi Parigi era ancora, in qualche modo, la capitale d'Europa: lo è stata anche nel XX secolo, oltre che in quelli precedenti, secondo la formula di Benjamin. Stava semmai entrando un po' in crisi perché l'asse cominciava a spostarsi verso l'America, anche per merito proprio di Pavese, di Vittorini; c'era Fernanda Pivano che era amica di Pavese e cominciava a tradurre anche lei attivamente.
Tornando a Seborga, era collegato a questo gruppo, ma non bene integrato, un poco anche per il carattere, non era un carattere facile, parlava sempre di sé, era molto egocentrico, era arrabbiato con tutti. Nel libro su di lui Novelli ne fa una descrizione molto vera. Questo però non toglie che poi, quando non c'erano motivi per arrabbiarsi, era una persona gentile, chiacchierava volentieri volentieri, gli piaceva stare al caffè. Si stava bene insieme, probabilmente perché io non avevo nessuna ragione di litigare con lui, allora per lo meno, ma in realtà non litigammo nemmeno in seguito. Semmai fu lui ad arrabbiarsi, perché l'avanguardia non gli piaceva. Quando gli facevo leggere qualcosa di mio lui disapprovava ampiamente. Diceva: “Ma no, son tutte cose già fatte”, che era poi una reazione che a quell'epoca non mi stupiva più di tanto. Ero molto giovane, avevo vent'anni meno di lui... Poi, a un certo punto, ho perso i contatti con lui, all'inizio degli anni Sessanta, tanto è vero che quando lui cominciò a dipingere io non ne sapevo più niente, qualcuno me lo disse. Ma eravamo ormai dopo il '62-'63.

* Conversazione registrata a Genova il 9 marzo 2004




(Da: La Riviera Ligure, Quaderni quadrimestrali della Fondazione Mario Novaro, anno XV - Numero 43/44, gennaio-agosto 2004)


Ringraziamo la Fondazione Mario Novaro per l'autorizzazione a riprendere questo articolo.






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