TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 10 aprile 2010

Da leggere: Socialismo e Totalitarismo



Quanto dura un libro sugli scaffali di una libreria prima di essere rimosso per far posto a nuovi titoli? Rimosso spesso equivale a dimenticato. "Da leggere" ripropone opere che non possono essere dimenticate. Iniziamo con "Socialismo e Totalitarismo" di Victor Serge.


Da leggere

Victor Serge
Socialismo e Totalitarismo. Scritti 1933-47
Prospettiva Edizioni, 1997



Non è stato l'unico a incarnare la coscienza critica del socialismo. Ma, certo, Victor Serge, prima anarchico, poi comunista eterodosso, infine socialista democratico-libertario, è stato, tra quanti hanno vissuto e pensato le vicende rivoluzionarie e controrivoluzionarie della prima metà del secolo, una mente tra le più libere. Una vita avventurosa, la sua. Raccontata nelle pagine appassionanti delle "Memorie di un rivoluzionario 1901-1941", tradotte da Aldo Garosci nel 1956 per La Nuova Italia e più volte ristampate (anche negli "Oscar Mondadori", 1983).

Per la cura esemplare del troppo presto scomparso Attilio Chitarin (1946-97), massimo studioso di Serge, esce ora una raccolta di saggi, alcuni mai tradotti e un paio del tutto inediti, sull'itinerario del socialismo e sulla natura sociale dell'Urss. Saggi che dimostrano quanto precocemente fu compitato dai socialisti antitotalitari il libro nero del comunismo. Chi aveva gli occhi per vedere aveva infatti già visto sin dagli anni venti. E non si era limitato a far di conto. Aveva anche cercato di capire.

E la comprensione, in questa raccolta, comincia in modo folgorante con una lettera - datata 1° febbraio 1933 - che è praticamente un testamento. Serge, che si trova in Urss, sa che sarà arrestato. Teme di essere ucciso. Riesce a consegnare al cognato e amico Pierre Pascal - il grande studioso della civiltà contadina in Russia - un messaggio da far conoscere all'estero. "Tutto è messo in questione", scrive Serge. L'Urss infatti è "totalitaria", e "castocratica". L'aggettivo "totalitario", inventato nel 1923 da Giovanni Amendola per definire il fascismo, ora è utilizzato per definire l'Urss. Serge però va oltre e sostiene che è proprio dal pur irrinunciabile socialismo che può nascere una svolta reazionaria. Negli scritti successivi al 1936, dopo la liberazione e l'espulsione dell'Urss, il suo pensiero si precisa. E si approfondisce il contrasto con Trockij. Lo strato dominante in Unione Sovietica è infatti identificato nei "parvenus" della rivoluzione, cioè nei diseredati del vecchio regime che sono riusciti a emergere, magari con atti di eroismo. Costoro sono stati selezionati dalla guerra civile e da quindici anni di crisi sociali, il che li ha resi implacabili nella lotta.

È il popolo che è diventato l'oppio del popolo. L'uomo inoltre non conta più nulla. È diventato un ingranaggio della grande e anonima macchina della tecnica moderna e della massificazione. Che è accaduto nell'Urss? Che sta accadendo nel mondo? Nelle cose stesse, mentre il vecchio capitalismo liberistico sta agonizzando (la grande guerra e la crisi del '29 ne sono stati il rintocco funebre), vi è ovunque una spinta verso il collettivismo e verso la pianificazione. Se l'uomo riesce a controllare nella libertà il proprio operare economico, questa tendenza può avere uno sbocco positivo. Ma se s'impongono, con la dittatura, la burocrazia e la politica di potenza, allora lo sbocco è il totalitarismo. Il socialismo non è dunque il dispotico collettivismo nazi-fascio-stalinista, ma la democrazia che controlla nella libertà l'economia. Ciò che può liberare - l'economia di piano e la tecnica moderna - può insomma anche essere il più odioso strumento mai escogitato per asservire. È stata questa la tragedia del bolscevismo.

Recensione di Bruno Bongiovanni, L'Indice 1998, n. 3