TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 25 marzo 2010

La società dello spettacolo, ovvero Guy Debord cineasta (II)





Seconda e ultima parte del testo di Pino Bertelli sul film "La società dello spettacolo"


Pino Bertelli


La società dello spettacolo, ovvero Guy Debord cineasta (II)




La società dello spettacolo si apre con una dedica visiva su Alice Becker-Ho e il parlato dice così: “Poiché ogni sentimento particolare è solo vita parziale, e non la vita intera, la vita arde di espandersi nella diversità dei sentimenti, per ritrovarsi in questa somma della diversità... Nell’amore esiste ancora il separato, ma non più come separato, come unito; e il vivente incontra il vivente”. Debord assembla fotografie pubblicitarie, documenti storici, pezzi di film e le tesi del suo testo La società dello spettacolo sono disseminate (in modo sparso e non del tutto preciso) su queste immagini:

La Terra filmata da un razzo spaziale, uno strip-tease, schermi televisivi nei locali ella questura di Parigi, per il controllo della metropolitana ed altre zone della città, la morte in diretta dell’assassino di Kennedy, Oswald, gli scioperi egli operai, una sfilata di moda, le catene di montaggio, immagini di vacanza, sottomarini nucleari, Fidel Castro che parla davanti alle telecamere, una folla sterminata, una portaerei che punta i missili e li lancia in ogni direzione, bombardamenti aerei nel Vietnam, cosmonauti sulla luna con una bandiera, la battaglia economica della Borsa, poliziotti a cavallo che bastonano dei giovani ribelli, una coppia distesa sul letto guarda la televisione, lavoratori immigrati ai piedi di giganteschi edifici, le guardie bianche russe marciano contro i partigiani. Una mitragliatrice spara contro le guardie bianche, che avanzano senza sparare. Uno dice: “Che portamento!”, e l’altro conclude: “Degli intellettuali!”. I Bianchi continuano ad avanzare, nonostante le perdite e innestano la baionetta in canna. Alcuni partigiani indietreggiano. Qualcuno grida: “Siamo perduti!”. Il commissario politico li incita ad andare avanti. Il reggimento zarista, il cui allineamento resta perfetto, sta per entrare in contatto con la prima linea dei Rossi. Molti dei Bianchi sono falciati dalla mitragliatrice. Due porti al tramonto.
Volti femminili. Lo stalinista Marchais in un comizio elettorale. Folla in una sala cinematografica. La fotografia di una ragazza nuda. Pompidou visita il Salone dell’Automobile. Cover-girls in costume da bagno. La fabbrica di Marghera che inquina Venezia. Altre fabbriche che inquinano Città del Messico. Montagne d’immondizie davanti alla chiesa di Saint--Nicolas-des-Champs. L’acqua sporca della Senna. La sommossa di Watts. Incendi, azioni e arresti delle forze dell’ordine. Esercitazione della polizia al combattimento nelle strade. Poliziotti travestiti da estremisti erigono una barricata e inalberano la bandiera nera. I loro colleghi conquistano subito la barricata. Mao Tse-tung riceve paternamente a Pechino il presidente Nixon. Mitragliamento sul Vietnam. Un prete benedice un sottomarino nucleare. Automobili nella città. Johnny Holliday canta rotolandosi in terra. I Beatles scendono dall’aereo e sono accolto dai giovani in delirio. Marilyn Monroe durante le riprese del suo ultimo film incompiuto. François Mitterand. Ancora Marilyn. Operai tedeschi prima dell’ascesa di Hitler al potere leggono un volantino caduto da un abbaino. Un reparto della polizia francese. Prigionieri vietnamiti. Hitler attraversa le schiere dei suoi seguaci e monta su una tribuna monumentale. Breznev e altri burocrati in tribuna a Mosca. I loro sudditi sfilano davanti a loro. Esercitazioni N.A.T.O. Pubblicità di un carro armato gigante. Automobili, cibi spettacolari, pittura antica, arredamento moderno, ragazze esotiche, arrivo della metropolitana in una stazione. Erosione delle statue su una chiesa veneziana. Torte alla crema. Mao e Lin Piao. Stalin davanti alla folla e al ritratto di Lenin. Dell’insurrezione dei lavoratori ungheresi non restano che gli stivali. Imballaggi di una fabbrica. Buenaventura Durruti. Cartello: “Ma viviamo noi, proletari, viviamo noi? Quest’età di cui teniamo il conto, e dove tutto ciò che contiamo non ci appartiene più, è una gita forse? e possiamo non accorgerci di ciò che senza posa perdiamo con gli anni?”. Un marinaio di Ottobre in primo piano scuote la testa. Durruti lo guarda. Cartello: “Il cibo e il riposo non sono deboli rimedi alla continua malattia che ci travaglia? e quella che chiamiamo l’ultima, che altro è, a ben guardare, se non un raddoppio, l’ultimo accesso del male che portiamo al mondo nascendo?”.





Navi da guerra. Fucilieri francesi. Soldati inglesi in battaglia. La fanteria coloniale francese. Turisti a Parigi. Plastici per luoghi di vacanza. L’incrociatore Aurora risale la Neva sul finire della notte. Lo sbarco dei marinai. La torre di Babele. Il quadro di un primitivo italiano. Johnny Guitar in un saloon. Operai in una fabbrica di pneumatici. Saint-Tropez. Aeroplani che decollano da una portaerei. Johnny Guitar, Dancing Kid e Vienna in un saloon. Cavalleria franchista. Un frammento di Per chi suona la campana. Il trittico di Paolo Uccello: La Battaglia di San Romano. Breznev e i burocrati comunisti a Mosca. I fucilieri della Potëmkin si rifiutano di sparare sui loro compagni ammutinati. Un reggimento di cavalleria, sciabola in mano, inizia una carica. Assemblee rivoluzionarie negli edifici occupati, nel maggio 1968. Il generale Sheridan entra in un forte. Assegna al colonnello una missione rischiosa: “Se fallite, posso assicurarvi che il consiglio di Guerra che vi giudicherà sarà composto dai nostri vecchi compagni dello Shenandoah”. La Borsa di Parigi. Combattimenti per le strade in Olanda, Irlanda e Inghilterra. Ragazze nere che danzano. Un reparto di marinai di Kronstadt attacca alla baionetta sotto il fuoco della mitragliatrice. I giorni della rivoluzione sociale di Barcellona e Pietroburgo. La guerra di Secessione. Piante del Palazzo d’inverno e del Palazzo delle Tuileries. La guerra civile di Spagna. La guerra di Secessione. I marinai di Kronstadt proseguono verso la vittoria. Il Palazzo d’Inverno è preso d’assalto. La colonna Vendôme viene abbattuta. Bakunin e Marx. Trotsky. La sfilata dell'armata Rossa. Cannoni e missili. Sulle scalinate di Odessa le truppe zariste Sparano contro i manifestanti. Mitterand e Marchais. Breznev? 1968. Gli operai occupano la Renault. Stalin. Sindacalisti. Un ufficiale nazista. Il dittatore Franco. Carri armati tedeschi. Le Brigate Internazionali in Spagna. Le barricate del maggio 1968. Combattimenti nella notte. Incendi. Il quartiere latino alle primi luci dell’alba. Assemblea generale nella Sorbona. Carrellata sui membri del Comitato Enragés-Internazionale Situazionista. Debord. Un cartello: “E fine alla fine del mondo dello spettacolo, il mese di maggio non tornerà più senza che ci si ricordi di noi”. Christian Sébastian, Guy Debord, Ptrick Cheval. Alcuni aspetti della Sorbona. Cartello: “Corri compagno, il vecchio mondo è dietro di te!”. Fiamme nella notte. La polizia in azione. I giovani lumpen difendono i tetti di Saint-Jacques. Scontri di piazza in Italia. Lenin che pronuncia un discorso. Caroselli della polizia in Italia. Carri armati russi contro gli operai tedeschi. La polizia americana caricava i neri in rivolta. Il 7° Michigan al galoppo. Nel corso di un ballo mascherato, nel suo castello in Spagna, Arkadin (Orson Welles) con un bicchiere in mano: “Niente discorsi. Propongo un brindisi alla maniera georgiana. In Georgia i brindisi cominciano con un racconto...

Ho sognato un cimitero dove gli epitaffi erano bizzarri, 1822-1826, 1930-1934... Si muore ben giovani qui, dico a qualcuno; il tempo è molto breve fra la nascita e la morte. Non più che altrove, mi si risponde, ma qui, come anni di vita, contano solo gli anni che è durata un’amicizia. Beviamo all’amicizia!”. Ivan Chtcheglov. Asger Jorn. La cavalleria del 7°Michigan continua la carica... —. Détournement dei film di John Ford (Rio Bravo), Nicholas Ray (Johnny Guitar), Joseph von Sternberg (I misteri di Shanghai), Orson Welles (Arkadin), Sam Wood (Per chi suona la campana), Raoul Walsh (La carica fantastica, forse) e diversi altri frammenti di film dei Paesi socialisti.





Il procedimento estetico adottato da Debord per La società dello spettacolo non è del tutto nuovo (né vuole esserlo). Vertov, Kramer, Marker, Pasolini (il cinema sperimentale o il cinema surrealista, il cinema underground o il cinema di trasgressione)... avevano già usato questo modo di fare-cinema e attraverso un’estetica della profanazione politica e dell’invettiva poetica erano riusciti a buttare sullo schermo una critica del disgusto e dell’insorgenza.
Debord fa questo e altro ed è geniale. Affabula un film/testo dove l’immaginale del pubblico non è più luogo/spazio passivo (o intrattenimento domenicale per famiglie dabbene) ma diviene crogiuolo di uno specchio/schermo che strappa, disvela o rifiuta la sequenzialità e l’intreccio della scrittura filmica convenzionale. L’asincronia delle immagini con il parlato si trascolorano in una sorta di manifesto ereticale e in questo scombinato passaggio di fine secolo assumono (oltre la sindone schermica) una critica radicale della separazione buttata contro la falsa via d’uscita della società mercantile.
I segmenti documentari o di finzione intrecciati da Debord alle sue tesi filosofiche diventano altro dall’uso originario e per una strana magia (e sapienza di montaggio metaforico) aprono il film a nuove emozioni che riscoprono le cadute comunicazionali ed amplificano o trasgrediscono (attraverso la citazione rovesciata, reinterpretata o détournata...) la rapina, l’odio e la violenza insiti nei meccanismi dell’ordinario. Le visioni immaginarie del passato perdono l’aura del mito o della cronaca e si mescolano ad altre possibilità poetiche dove tutto il vero del mondo risulta falso e morente. Il film di Debord è una sorta di apologo sulla disobbedienza, la diserzione, la rottura contro tutto quanto fa spettacolo... è una specie di prontuario del margine che in molti modi guida le passioni, moltiplica i conflitti e infrange i destini/contenitori delle virtù istituite e codificate.

Con LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO Debord elabora una teoria filmica del disincanto e dell’eversione, lavora sulla coscienza critica del dissidio. Spacca i paramenti della realtà fittizia sorta nello spettacolo perché è nel mondo radicalmente ribaltato il vero momento del falso e nello spettacolo si cela e implode l’immagine/l’icona dell’economia politica dominante. Lo spettacolo è la ricostruzione immaginifica della menzogna religiosa, della propaganda ideologica o della dittatura del consenso. Lo spettacolo è il momento in cui la merce, qualsiasi merce, giunge a fiorire in ogni soggetto e l’ostia massmediatica diviene il collante o la catena relazionale della comunità. L’opera di Debord assume su di sé la critica globale dell’ordinamento sociale e qui nessuno scende a patti. L’anatema contro tutti gli aspetti della vita quotidiana alienata è annunciato disseminato sullo schermo a “gatto selvaggio”. L’intento di Debord è quello di trasformare, contaminare, riorientare la percezione della visione filmica e fare dello spaesamento poetico (della costruzione delle situazioni) il grimaldello estetico per il rovesciamento di prospettiva di un mondo rovesciato.



Il cinema di situazione di Debord, disvela l’universo mercantile della politica, della fede, dei saperi… rende visibile la miseria pratica della civilizzazione delle masse e dentro una surrealtà che costituisce, al tempo stesso, tutta la mediocrità della realtà dello spettacolo e tutta la ricchezza della sua liquidazione. Non è solo Debord a cogliere l’importanza della costruzione delle situazioni in rapporto al cambiamento che le situazioni costruite portano all’interno dell’uomo e quindi dell’ambiente nel quale sono vissute. A ben vedere, nel “Dizionario del cattolicesimo moderno”, alla parola situazione è dedicato molto spazio.

Qui si legge: “Situazione. Le circostanze del momento, come episodio dello sviluppo nel quale l’uomo si trova, costituiscono la s. Le s. mutano variamente, ed in questo mutamento stanno sotto l’influsso del passato. Le s. storiche generali, i cui soggetti sono l’umanità ed i suoi gruppi (per es. guerra o pace, ascesa o decadenza di una nazione, le tensioni sociali), e le condizioni di vita personali di un essere umano (per es. ricchezza o povertà, salute o malattia), unite alla sorte ed al volere degli altri uomini, del «prossimo», si fondono, nei singoli periodi di vita, in determinate s. singole, nelle quali l’uomo vive; ogni s. si realizza una sola volta e non si può né ripetere né scambiare. Nella s. si manifesta il carattere storico della vita. L’uomo non si sviluppa soltanto come le piante e gli animali, ma con la sua decisione afferra nel suo passato un pezzo di futuro, che egli determina in questa o quella maniera. Così si fa la storia (v. Storia), il presente diviene il campo delle decisioni e l’uomo stesso diventa continuamente altro”. Siate decisi a disobbedire e sarete liberi.

L’etica della situazione di Debord, straccia però tutto quanto la dottrina cristiana predica dai suoi pulpiti e cioè che l’atto morale (il processo dell’agire) dell’uomo gli giunge attraverso la guida e la grazia di Dio. La costruzione delle situazioni alle quali si richiama Debord, sono accadimenti, eventi, strappi dell’ordine sociale che è succube di un dominio, un sovrano o un dittatore. Per quanto riguarda la stagnazione del politico al fondo delle democrazie o delle utopie su un buon governo, non è difficile scorgere qui i processi di politiche della repressione e nuove forme di domesticazione sociale che attentano alle libertà fondamentali dell’uomo. L’ordine è solo convenzione. Modello di qualcosa che poggia il proprio successo sulla servitù e la spartizione del mercato globale. Ogni genocidio ha i suoi teatri. Alle guerre dei privilegiati rispondono schegge impazzite del terrorismo internazionale. Sono la stessa gente che un tempo militava nelle stesse bande (impugnano pistole della stessa fondina). Il terrorismo (come le stragi orchestrate dai servizi segreti di ogni Stato) è funzionale all’instaurazione di un ordine più duro. Non si tratta di fare fuoco sugli orsi sapienti delle canaglie di Stato per mettere fine all’inumanità dello spettacolo ma occorre mettere farla finita col giudizio di Dio e la circolazione della menzogna e fare dell’amore tra le genti, il primo volo verso la conquista di un mondo illuminato dalla bellezza.

L’utopia situazionista (non solo filmica) di Debord, contiene quel fascino dell’impossibile che disperde ovunque un disordine da fine del mondo... è un’idea di felicità che minaccia da vicino le stigmate del provvisorio e del rilucente sulle quali l’umanità ha eretto le proprie forche e i propri successi elettorali. Ma una società che è incapace di generare un’Utopia per la quale buttare alle ortiche frontiere, armi e campi di sterminio... una società che è incapace di vedere nella pace la tenerezza e la fraternità tra gli uomini... una società che non vede il grido di dolore dei poveri e non si accorge delle ferite ecologiche che infierisce contro il pianeta... è una società sclerotizzata e votata alla propria rovina. Le “cattive cause” richiedono coraggio e talento. Ci sono cose che s’infrangono mostrandole.

Ci sono altre cose che vanno aiutate a cadere. Lo spettacolo di una civiltà senza futuro è già qui. Non resta che l’Utopia a farsi strada, e proprio là dove i saperi dell’economia, della politica e della fede sono riconducibili al crimine legalizzato/istituzionalizzato. Allora è nelle sfumature del dissidio che si combatte l’ultima carica dell’irragionevolezza amorosa portata avanti dagli utopisti... e gli utopisti sono i soli eredi impertinenti, insurrezionali, delle memorie storiche calpestate, umiliate e offese... e loro, solo loro, metteranno fine alla menzogna spettacolarizzata dell’esistenza. A dispetto di tutto, non c’è storia che non sia quella della bellezza dell’anima. Si tratta di non radicarsi, di non appartenere a nessuna società, a nessuna cosca, a nessuna gogna... essere stranieri a se stessi significa appartenere al mondo e fare dell’indecenza di vivere senza sfruttare né essere sfruttati, lo straordinario e il principio di tutti i sorrisi a venire.


Note

La società dello spettacolo: scritto e diretto da Guy E. Debord. Montaggio, Martin Barraque. Assistenti registi, Jean Jacques Raspaud e Gianfranco Sanguinetti. Musica, Michel Corrette. Voce italiana, Christian Jaime. Détournement dei film di John Ford (Rio Bravo), Nichoals Ray (Johnny Guitar), Joseph von Sternberg (I misteri di Shanghai), Orson Welles (Arkadin), Sam Wood (Per chi suona la campana), Raoul Walsh (La carica fantastica, forse) e diversi altri frammenti di film dei Paesi socialisti. 90 minuti. Bianco & nero. La voce originale (in sottofondo) dell’edizione in lingua francese è di Guy-E. Debord. Il testo della versione francese è ripreso dalla prima edizione de “La Société du spettacle” (1967). Una delle versioni italiane in videocassetta è uscita a cura di Nautilus nel 1996 e il testo utilizzato per questa traduzione (Paolo Salvadori) segue quello che si trova in “Opere cinematografiche” di Guy Debord, Arcana 1980.




Pino Bertelli è una delle figure centrali del neosituazionismo italiano. Attivo da anni nella critica cinematografica indipendente, è sicuramente il più originale dei fotografi di strada operanti in Italia. Tra le sue molte pubblicazioni ricordiamo: Cinema dell'eresia, Dell'utopia situazionista, Contro la fotografia