TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 19 marzo 2010

André Masson - Francesco Biamonti, Cézanne


Cézanne, La montagna Sainte-Victoire

Le avanguardie artistiche del Novecento sono uno dei filoni centrali nel progetto di Vento largo. Dopo situazionisti e futuristi, iniziamo con questo frammento di André Masson, integrato da alcune riflessioni di Francesco Biamonti, una rivisitazione del movimento surrealista riproponendone via via personaggi, momenti e materiali.


André Masson


Cézanne


Cézanne è il primo pittore ad aver concepito la pittura in termini di genesi. E attraverso il più straordinario dei paradossi: dipingendo dal vero.

La sua immaginazione creatrice si illuminava grazie a quella che chiamava la sua "piccola sensazione". Un attaccamento al mondo esteriore che non ha uguali se non nel distacco del pittore nei suoi confronti. Questa padronanza di sé lo portava a un sempre minor livello di imitazione.

Nell'ultimo periodo, la concentrazione è tale che esplode (il mondo cézanniano deflagra e si ricostruisce, nello stesso tempo). E' un fenomeno rivolto al futuro.

Stanco di offrire invano, a un mondo cieco, le ricchezze della sua visione, egli dialoga soltanto con l'interlocutore che è dentro di lui. Ne risulta una suprema libertà, quella degli ultimi quartetti di Beethoven, quella della "maniera rude" dei monaci Zen. Offerta a ciò che non ha fine.


(Estratto da: Moralités esthétiques. Feuillets dans le vent, in "La Nouvelle Revue Française, n.77, 1959. Ora in: A. Masson, Il pittore e i suoi fantasmi, Graphos, Genova 2003, p.80)



Cézanne, La montagna Sainte-Victoire

Francesco Biamonti

Non si può scrivere, se non si è visto Cézanne


Spesso scrivendo mi dico, quando sono io in una impasse, in un vicolo cieco e vedo che s'affastellano troppe parole e non si vede più niente: "Come vedrebbe Cézanne?". Tuttavia è arbitrario dire così. Forse Cézanne vedrebbe solo questo dorato e questo blu.

I pittori sono come fari che illuminano il buio della notte dell'espressione, i fari baudelariani. Ognuno ha i suoi fari, che però cambiano di continuo.

(...)

Non si può scrivere se non si sono visti Cézanne, gli impressionisti e gli astratti. La veduta non è più quella dell'Ottocento, che fa da scenario. E' una visione di partecipazione. Ma è già un proseguimento del correlativo oggetto dello stato d'animo che c'è nella poesia ligure, come anche nella poesia di Valéry o di Eliot. Si parla del paesaggio per parlare di se stessi. Il paesaggio diventa quasi un autoritratto, ma questa è l'influenza di Cézanne e degli informali, di tutta la pittura della modernità che trova in Cézanne il suo pilastro più forte. Dopo si allucina in De Stael e in Fautrier.


(Da: Paola Mallone, "Il paesaggio è una compensazione", Itinerario a Biamonti, De Ferrari, Genova 2001, pp.55-56)