TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 24 dicembre 2009

La Liguria com'era: Da Spotorno a Vado nel 1834




Davide Bertolotti

Viaggio nella Liguria Marittima

Torino, 1834










Gli uomini di Spotorno sono in gran parte marinai. Ed altre volte fiorivano in questo comune i traffichi con la Spagna e la Francia meridionale pel trasportamento de' vini. Poco oltre si slancia fuor del mare una rupe, detta l' Isolotto di Spotorno, o di Berzesi, dai due paesi tra cui siede ed anche di Sant' Eugenio dal soggiorno ch'è pia tradizione vi facesse il santo vescovo, onorato da que' di Noli come il loro celeste avvocato. Rimangono in quest' isoletta, ch'è una Flora silvestre marittima, alcuni avanzi di una badia de'Monaci Lerinensi. Ed in sull' apice è una torre in rovina. Bello è sedersi lassuso in silenzio romito, e riandare col pensiero le antiche memorie, ed inviar gli occhi sopra le sempre varie e sempre dilettevoli scene di gioghi lontani, di poggi ridenti, di piagge popolose, d' illimitati spazj di mare.















Berzesi, lietamente assiso tra olivi e viti a foggia di gradinata sulla pendice del monte, vede a' suoi piedi ed al livello del mare la bella grotta, a cui il Biondi, chiamandola grotta di Vado, diede fama con la canzone alla bellissima marchesa Serra Durazzo; nome che, ora capovolto, sembra dai decreti d'amore destinato a ripresentare la suprema bellezza di Genova.

Rompi gl' indugj e il margine
Lascia, gèntil Nerina :
La placida marina
Increspa aura leggier.
Sul lido aspetta instabile
La galleggiante conca
Che l' umida spelonca
Ci guida a riveder.
(...)
Tolta la volta concava
Della grottesca reggia,
Scabra e inegual biancheggia
Di marmoreo lavor ;
E dell'asciutta pomice
Piover dai pori mille
Vedi filtrate stille
Di cristallino umor.
Talor spuntando tremula
La colorita goccia
Su la materna roccia
S' arresta ad impietrir ;
E quai maturi grappoli
Sospesi in alto e chini
I coni alabastrini
Ti sembrano fiorir







L' Amoretti ne fa questa descrizione, conforme al vero: “Vi vedrete in faccia sulla punta del promontorio coperto di pini, un vasto foro triangolare. Fate dirigere colà la prora , e colà senza tema entrate. Vi troverete in un'ampia e maestosa caverna. Ivi scendete ad ammirarne la struttura, dal solo urto delle onde architettata; abbellita nella volta, nel suolo e nei lati dalle deposizioni d'acque stillanti che presero tutte le forme, le misure e i colori , e dalle spoglie e dal lavoro di crostacei marini. V'è a destra nel suolo un foro , ove l' ondeggiamento delle acque comunicantevi produce una violenta aspirazione e respirazione. V'è a sinistra un piccol catino che direste destinato al bagno della ninfa abitatrice dello speco. Varj in alto e abbasso sono, a dir così, i gabinetti. E giunta presso l' estremità, vi vedrete a destra una specie di galleria, in fondo a cui sta un pilastro stalattitico, e ove i fregi sono stati men guasti dall'avida mano che depredò questa caverna per ornarne uno speco artificiale.”


Voltato il nudo e dirupato promontorio, guernito di un forte nell'alto, vi si dispiega davanti in bellissim'arco il seno di Vado, stazione marittima di tutta eccellenza nella quale possono gettar l' ancora e star in sicurezza per ogni tempo le navi d'ogni portata.