TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 15 dicembre 2009

1959-2009: la distruzione del paesaggio ligure


Alassio è stata ormai trasformata in una cittadona

Esattamente cinquant'anni fa “Le vie d'Italia”, prestigiosa rivista mensile del Touring Club Italiano, pubblicava un ampio reportage sulla distruzione del paesaggio ligure ad opera di una speculazione edilizia dilagante. Lo riproponiamo a mezzo secolo di distanza in un momento in cui in nome di un malinteso liberismo imprenditoriale (gestito politicamente in modo bipartisan) una nuova gigantesca colata di cemento si sta abbattendo sulla nostra regione.

[L'introduzione sottostante, le fotografie e le didascalie provengono dall'articolo citato]

Mario Fazio

Continua la distruzione del paesaggio ligure



Questo articolo di Mario Fazio, frutto dei continui viaggi dell'autore lungo la Riviera ligure, analizza i progressi che la spietata speculazione edilizia in due anni ha compiuto sotto il sole della Liguria, tra mare e monte. Non bastando le "tutele" esistenti a contrastare la marcia del cemento armato, tocca al Ministero del Turismo e dello Spettacolo di intervenire, creando organi audaci e forniti di mezzi adeguati che facciano rispettare leggi e buon senso.

L'opera di distruzione del paesaggio continua con metodo e con ritmo sempre più rapido. I suoi risultati sono più gravi e più immediatamente visibili nelle regioni dove la ristrettezza delle aree e la concentrazione degli abitati si accompagnano a caratteristiche ambientali profondamente incise; è il caso della Liguria, regione singolarissima avendo una lunghezza di circa 300 chilometri con una profondità che in certi tratti si riduce a 300 metri, intendendo la profondità utile a uno sfruttamento edilizio e al tempo stesso ricca di bellezze naturali, unite a una architettura inconfondibile.

Recco è ormai trasfigurata: la foto è eloquentissima

Si sta preparando l'assalto a una delle parti più belle e meno note della Liguria, così nascosta da essere meta di un turismo limitato: la fascia compresa fra Lérici e Bocca di Magra, verso il confine toscano. Soltanto pochissimi raffinati intenditori delle bellezze liguri e poche comitive di gitanti spezzini o toscani frequentano nei mesi estivi località come Tellaro, zone quasi vergini come monte Marcello, il massiccio verdeggiante che chiude a levante le asperità della costa ligure per far posto alla distesa della Versilia. Tellaro, villaggio costiero tipicamente ligure, fatto di poche case a picco sul mare, ornato da vigneti e orti, fu reso celebre come Fiascherino da soggiorni di scrittori e poeti, cominciando da D. H. Lawrence, i cui ricordi sono ancor vivi fra la gente del luogo. Come Fiascherino, corre il rischio di essere devastato da un turismo gretto. [...]
Disgraziatamente, essendo la regione poco nota e pochissimo frequentata, i progetti maturano nel silenzio, lasciando agli ideatori la responsabilità di "valorizzare turisticamente" la zona senza deturparla, come è stato fatto in tutte le altre parti della Liguria.
Se il monte Marcello diverrà teatro di esperimenti rovinosi per il paesaggio come quelli dei villaggi turistici di Bergeggi ("Torre del Mare") e di Capo Mele ("Sito di Sogno") sarà definitivamente compromesso l'ultimo angolo bellissimo della regione spezzina, tanto deturpata dalle installazioni militari e industriali che hanno soffocato uno dei golfi più stupefacenti del mondo. [...]

Villa costruita a Monte Moro, sopra Nervi, in pieno contrasto con la cornice e con l'ambiente circostanti

Non c'è dunque più un angolo che si salvi: per "valorizzare" turisticamente la Liguria si insiste in una febbrile opera di trasformazione che potrebbe perfino apparire insensata. Già lo avevamo scritto nei precedenti articoli: nessuno oserebbe affermare che non si debba costruire, ma perché mai costruire in modo cosi contrastante col paesaggio, perché cancellare ogni macchia verde, perché tagliare con furia gli alberi superstiti, perché inondare di cemento le spiagge e le scogliere?
Il fenomeno ha due cause principali. Una di ordine economico: la speculazione sulle aree conseguente all'espansione del turismo di massa. L'altra di ordine morale assai più complesso: mancano talvolta nelle autorità locali, provinciali e regionali la sensibilità e la preparazione, e mancano, soprattutto, i mezzi - non legali ma pratici - per fronteggiare l'attività dei costruttori, per armonizzarla con le caratteristiche fondamentali del paesaggio e dell'architettura regionale. La speculazione è talmente spontanea e vigorosa da potersi dire irrefrenabile. Facciamo un esempio: un palazzotto situato sulla spiaggia di una cittadina balneare come Sestri Levante o Laigueglia; tre piani, quattro appartamenti distribuiti irrazionalmente, privi di conforto. Il tetto di ardesia cade a pezzi; la facciata caratteristica in rosso genovese è da rifare. I quattro appartamenti, affittati a gente modesta, rendono circa ottocentomila lire l'anno. Arriva un impresario, offre questa combinazione: demoliamo il palazzo, ne costruiamo uno nuovo a cinque piani, ottenendo dieci appartamenti che vendiamo a quindici o venti milioni luno, essendo la posizione sul mare ricercatissima. Al proprietario toccano due appartamenti e un negozio. Egli si trova improvvisamente con un capitale di cinquanta milioni che gli rende tre milioni all'anno senza fastidi.
Ci sono speculatori che hanno accaparrato enormi aree, ricavandone profitti altrettanto enormi. Ma spesso la moltiplicazione miracolosa è andata a tutto beneficio di povera gente: certi pescatori hanno visto trasformare le casette in cui vivevano miseramente, in un gruzzolo di dieci milioni, accompagnato da un appartamentino nuovo. Ortolani che ricavavano stentatamente qualche pomodoro e un po' di insalata da mille metri quadrati di terreno, si sono trovati a disposizione trenta milioni di lire. Si deve scendere a questi esempi per capire le esitazioni degli amministratori locali nel frenare la febbre edilizia, che ha portato un'ondata di benessere ben visibile ovunque, sommata ai benefici del turismo sviluppatosi in misura spettacolare.
Le lamentazioni degli amanti del bello, di chi vorrebbe conservare inalterata la Riviera, cadono nel vuoto, soffocate da più convincenti ragioni economiche. Sarebbe sterile e vano insistere per il blocco delle costruzioni; l'equivoco che ha finora svuotato di efficacia la lotta per la difesa del paesaggio, sta proprio in questo: non si devono combattere genericamente i costruttori, ma si deve fare il possibile perché le loro costruzioni sorgano in armonia col paesaggio, senza offendere il quadro ambientale ben definito da secoli.
Siamo di fronte a un problema regionale che aggrava e complica quello generale della distruzione del paesaggio. [...] Noi difensori del paesaggio non abbiamo certamente l'autorità per giudicare le opere in senso assoluto; ma possiamo osservare come tali opere, anche quando si tratti di pregevoli saggi di architettura contemporanea (assai rari per la verità), fanno a pugni col paesaggio.
Tale concetto fondamentale dovrebbe essere sempre presente nelle autorità che tutelano la bellezza della Liguria. Purtroppo, accade che tali autorità giudichino invece i progetti facendo astrazione dal quadro locale, sottovalutando l'importanza di elementi classicamente liguri, come i tetti di ardesia, le facciate in rosso genovese, i balconi in ferro battuto o in legno, le finestre verticale con persiane verdi, le fasce orizzontali in bianco e nero, le passiere in mattoni, e murature in pietra locale, grigio-azzurro o ocra. Altrettanto per la vegetazione: non si può sostituire una macchia di pini marittimi o di pini di Aleppo con una fila di alberelli d'importazione; un maestoso carrubo con un minuscolo oleandro. Peggio ancora con un palo in cemento, com'è uso ovunque.
La chiave del problema è tutta qui: si costruisce talvolta egregiamente, ma non tenendo conto del paesaggio e dei caratteri regionali. [...]

Abbiamo letto attentamente i regolamenti edilizi delle cittadine liguri: si pongono vincoli dettagliati alle altezze degli edifici, ai rapporti fra altezza e area disponibile, ma non si impone luso di materiali e di colori caratteristici, né si vieta quello di materiali e colori stridenti, come certe piastrelle in ceramica, come certi rivestimenti blu, gialli, rossi e verdi, zabaglione e violetto, addirittura neri e verdi. [...]

Riproduciamo una visione degli edifici che vanno deturpando il paesaggio di Cavi di Lavagna

Esaurite o quasi, le aree fabbricabili (orti e giardini) si dà ora l'assalto alle vecchie case caratteristiche, privilegiate perché affacciate direttamente sulle spiagge. Si pensi alla fila di vecchie e caratteristiche abitazioni sul mare di Sestri Levante, di Celle Ligure, di Albisola, di Noli, di Varigotti, di Laigueglia. Alassio, trasformata in una cittadona come Sanremo, allinea ancora sulla spiaggia un chilometro di antiche facciate policrome, di tetti grigi, di sporgenze e di abbaini, di archivolti che le danno un ultimo tratto inconfondibilmente ligure. Si demolisca tutto per far posto a file di case in cemento armato, come già si sta facendo, e la Riviera sarà veramente irriconoscibile.
A questo punto si deve chiarire un altro equivoco: sindaci, dirigenti turistici, soprintendenti ritengono di potere intervenire soltanto quando siano violati i regolamenti edilizi locali o si siano infranti espressi vincoli su talune zone e taluni monumenti. Ma si dimentica anzitutto che ogni cittadina ligure di maggior interesse turistico ha una Azienda autonoma di soggiorno e che la legge istitutiva di tali aziende (numero 1380, del 1926) poneva i loro territori sotto uno "statuto di privilegio" contemplando fra l'altro il beneficio della legge di Napoli per gli espropri e l'automatismo di applicazione della legge sulla tutela delle bellezze artistiche e panoramiche. I territori delle stazioni turistiche sono dunque interamente sotto il vincolo della successive legge del 1939 per la tutela del paesaggio, legge tutt'altro che ripudiata e oggi ancora valida, se venisse veramente applicata.
Non c'è dunque fila di case o borgo caratteristico, o semplice albero, che possa essere toccato senza autorizzazione. Si aggiunga l'esistenza di un vincolo esplicito sulla fascia costiera per una profondità di 50 metri a monte e a mare della Via Aurelia nelle province di Genova e di Imperia, di 100 metri a monte e a mare nella provincia di Savona. Praticamente, nulla dovrebbe sfuggire all'approvazione delle Belle Arti: neppure i grattacieli di Capo Nero, le casette anonime dei villaggi di Capo Cervo e di Capo Mele, di Rapallo e di Nervi, i palazzoni e le muraglie e i lampioni in cemento armato che deturpano il lungomare di Laigueglia, gli enormi muraglioni che hanno sconciato la conca fra Zoagli e Rapallo. [...]
Il Soprintendente professor Dillon ha il merito di avere imposto vincoli speciali per mezzo di piani paesistici, previsti dalla legge del 1939, sulla bellissima zona delle Cinque Terre, minacciata dall'apertura della nuova strada litoranea fra La Spezia e Sestri Levante. I mezzi legali non mancano, dunque. A coronare questa asserzione citiamo un chiaro passo della legge del 1939: "I lavori che rechino pregiudizio all'attuale stato esteriore delle cose e delle località protette dalla legge, indipendentemente dalla loro inclusione nell'elenco delle località e dalla notificazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico, possono essere vietati con provvedimento del ministro dell'Educazione nazionale. Possono essere sospesi, anche indennizzati e demoliti".
[...] Poiché sono previste "deroghe" per la costruzione di alberghi, si segue solitamente questa strada: si progetta un albergo di proporzioni inusitate su aree dove normalmente non si potrebbe costruire nulla, si ottiene l'approvazione, poi, col tacito consenso delle autorità locali o con altri fantasiosi arrangiamenti, si costruisce un palazzone da rivendere con largo margine di profitto. Oppure si progettano tre palazzine defilate e poi si costruisce un solo palazzo occupando la stessa area su un fronte unico, fingendo di credere che questa trovata non arrechi nessun danno. Non sono fantasie: questo sta avvenendo, ad esempio, sulla punta di Santa Croce ad Alassio, nei pressi della famosa "Cappelletta", dove inizialmente si dovevano fare tre modeste costruzioni, poi sostituite, col consenso delle autorità, da un palazzo a diversi piani dal fronte imponente, che trasforma radicalmente l'aspetto di una zona chiave per il paesaggio locale . Il tutto, ripetiamo, è sotto il vincolo delle Belle Arti come la sovrastante pineta di Santa Croce, ridotta a 60 alberi e in via di distruzione, senza che nessuno intervenga, non dico ventilandone l'esproprio per farne un parco pubblico, come consentirebbe la legge, ma almeno il parziale acquisto. La destinazione a pubblica utilità di una parte di queste ultime aree verdi sarebbe in definitiva più conveniente per i loro proprietari, oggi costretti dal vincolo a tenerle inutilizzate e costretti a sperare nella scomparsa dei pini per poterle vendere ai costruttori. Ma i Comuni preferiscono spendere somme molto superiori in distese di cemento sulle spiagge (lungomare), nella costruzione di campi sportivi e altre cose del genere.
Ma la trasformazione brutale del paesaggio ligure non si limita all'attività degli impresari edili e al taglio degli alberi. Abbiamo già detto che ora sono in pericolo i nuclei di antica costruzione, dai rilevanti e caratteristici elementi architettonici, come i vecchi borghi di Ventimiglia alta, di Bordighera alta, della "Pigna" di Sanremo, di Porto Maurizio, di Diano Castello, di Bussana vecchia, del "Budello" di Laigueglia e di Alassio, del centro di Noli, della vecchia Albisola, della parte frontale di Celle. Altri esempi cospicui si hanno a levante, da Camogli a Portofino e al centro di Chiavari. La trasformazione non viene limitata alle demolizioni e ricostruzioni: i nuclei antichi, citati prima, sono trasformati anche senza essere demoliti. Le facciate dai colori antichi (come il rosso, il rosa e il verde marcio steso a "fresco") vengono "ripulite" e soffocate dal manto di "terranova", o rivestite con materiali moderni; le finestre strette e alte sono trasformate in aperture orizzontali, munite di saracinesche; i balconi in ferro battuto sono sostituiti da altri in cemento; i tetti grigi sono svuotati per far posto a terrazze. La vecchia casa resta, ma il suo aspetto è un altro. I Comuni, credendo di fare cosa bella e utile, sostituiscono le vecchie pavimentazioni, gli acciottolati bianchi e neri, le cordonate di mattoni rossi, con battute di cemento o con tappeti di asfalto nero. [...]
Tutto questo è frutto di mancanza di cultura: non esiste, purtroppo, una cultura dell'abitazione, dell'arredamento e del paesaggio, a differenza di altri Paesi europei, chissà perché considerati inferiori al nostro per naturale disposizione all'arte: si pensi al rispetto del paesaggio, al gusto dell'arredamento e dell'armonia fra natura e abitazione in tante parti della Germania e della Svizzera. Il confronto è più diretto e istruttivo quando si considerino regioni in tutto simili alla Liguria per paesaggio, per architettura, per sviluppo turistico. Prendiamo l'esempio della vicina Costa Azzurra: le spiagge più celebri e più ricercate conservano gelosamente una primitività selvaggia che sulla nostra Riviera è soffocata coscienziosamente in nome di un presunto "progresso delle attrezzature". A St-Tropez, sulla Riva fra Cannes e St-Raphael e Se-Maxime, ancor più su quella verso Hyères e Tolone, la natura non è industrializzata, ma offerta al libero godimento. [...]
Fortunatamente non mancano in Liguria esempi positivi; gli esempi migliori di conservazione ambientale vengono dalla Riviera di Levante, cominciando da Portofino, grazie alla tutela esercitata dall'Ente Autonomo per il Monte di Portofino, creato con legge del 1937 e avente giurisdizione su tutto il monte di Portofino, includendo la costa da Camogli a San Fruttuoso, a Portofino, a Paraggi, fino a Santa Margherita. Recenti polemiche sorte sull'operato dell'Ente Autonomo hanno confermato un dato fondamentale: l'Ente riesce a impedire alterazioni del quadro esistente, grazie anche a una più sviluppata sensibilità della gente del posto, che ha compreso il valore inestimabile della conservazione. [...]
Santa Margherita si conserva discretamente: trasformata malamente nella, parte interna, è rimasta quasi integra nella parte più caratteristica, affacciata sul porticciolo e sul lungomare. Ma c'è chi progetta una gettata di cemento sulle scogliere di levante, per costruire un "lungomare" fino a San Michele di Pagana. Qui si coltivano altri progetti pericolosi, come la costruzione di alberghi e palazzi sulla penisola. Altri alberghi colossali e grattacieli sono progettati a Paraggi: insisto sui progetti perché le autorità possono fare qualcosa, sono ancora in tempo.
Camogli è quasi intatta. Superfluo descriverne la bellezza, deturpata da alcune isolate costruzioni, come l'autorimessa del centro e il palazzone moderno nei pressi della stazione. Da Camogli si offre un esempio prezioso per i progettisti e i costruttori che ragionano soltanto in termini economici: essi dicono di essere obbligati a costruire palazzi enormi, in contrasto col quadro naturale della Riviera, dalla necessità di sfruttare al massimo le aree, pagate a prezzi altissimi. Ebbene, a Camogli si hanno veramente caseggiati enormi, più alti di qualsiasi palazzo moderno stretti gli uni agli altri. Ma l'effetto è di un'armonia sorprendente. Volumi, colori, disposizione, furono studiati nei tempi passati con tale maestria da creare un quadro affascinante.
Purtroppo non può dirsi altrettanto dell'altra capitale della marineria ligure, Noli. Le vecchie case sul mare sono in parte demolite e trasformate; nel cuore della città medievale si trasformano le facciate con rivestimenti moderni, sorgono attorno alle mura e alle torri palazzi dai colori incredibili, il tutto con approvazione, si intende, delle autorità competenti. Altrettanto si dica di Varigotti, ultima testimonianza di una architettura di ispirazione moresca oggi in via di sparizione.
La trasformazione sembra inarrestabile. Quando si sarà avvertito il danno compiuto sarà troppo tardi: un'intera regione d'Italia, fra le più belle e più note del mondo, avrà perduto il suo volto antico.

(Tratto da: Le vie d'Italia, rivista mensile del Touring Club Italiano - Anno LXV - N. 12 - Dicembre 1959)